L’art 24 Cost: la riparazione degli errori giudiziali e il diritto di difesa

L’ Art. 24 Costituzione stabilisce che:

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

    Il primo comma di questo articolo si collega all’art. 3 e, in base al principio di uguaglianza, tutti possono ricorrere al giudice nel caso in cui i propri diritti e interessi legittimi siano lesi: l’ordinamento non potrebbe, cioè, attribuire posizioni giuridiche soggettive di vantaggio senza poi consentire ai titolari delle stesse di chiederne la tutela in giudizio. Il diritto alla tutela giurisdizionale è suscettibile di essere limitato per attuare altri principi o interessi di rango costituzionale.

  Anche la difesa (comma 2) si configura, al pari della libertà personale, del domicilio, della libertà di corrispondenza e comunicazione, come diritto inviolabile.

    Si ricorda che per “grado di giudizio ” si indica se il giudice sia adito per la prima volta ovvero in appello o, infine, in sede di ricorso per cassazione; si definisce invece “stato” ogni fase del processo interna ad un grado (ad esempio istruzione, decisione) ovvero il periodo che intercorre tra due gradi.

    Il diritto inviolabile di difesa conosce molteplici specificazioni che trovano riconoscimento all’interno delle leggi processuali; in particolare ne costituiscono principali manifestazioni:

  • la necessità dell’assistenza in giudizio di un esperto di diritto esercente la professione legale (difesa tecnica) con la funzione di tradurre in termini giuridici le ragioni dell’assistito;
  • il diritto di provare i fatti su cui si fondano le proprie ragioni (diritto alla prova);
  • La garanzia del contraddittorio, ossia il diritto dei soggetti che dovranno subire gli effetti del processo ovvero della persona accusata, di svolgere nel processo un ruolo attivo in modo tale da influire sul suo esito (vedi art. 111 cost);
  • la necessità che le parti interessate siano messe in condizione di venire tempestivamente a conoscenza degli atti processuali, posto che coessenziale al contraddittorio la possibilità per gli interessati di conoscere sia l’avvio di un procedimento che li riguardi, sia i successivi mutamenti processuali, sia ogni decisione adottata dal giudice (art. 111, co. 2, Cost., prevede specificamente il diritto dell’imputato di essere informato dell’accusa formulata suo carico);
  • Il diritto dell’imputato a non incriminarsi, cioè a non fornire elementi in proprio danno e a non collaborare con l’autorità per la ricostruzione di fatti Esempio: Linterrogatorio è uno strumento a cui ricorre generalmente nella fase delle indagini preliminari il pubblico ministero, personalmente o tramite delega alla p.g.; talvolta vi ricorre anche il giudice per le indagini preliminari in fase di convalida dell’arresto o infine, il giudice dell’udienza preliminare. L’interrogatorio tutela l’imputato/persona sottoposta ad indagini preliminari poiché può anche decidere di non rispondere (Art. 64 cpp). Inoltre, nel corso dell’interrogatorio, non possono essere utilizzati, nemmeno con il consenso della persona cui sono rivolte, tecniche o metodi idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare o valutare i fatti, ove per tecniche ci si riferisce all’uso di macchine scientifiche (quali il lie detector, narconanalisi ecc.), mentre per metodi si intende una nozione omnicomprensiva di tutti quegli atteggiamenti dell’autorità giudiziaria in grado di coartare psicologicamente l’interrogato (minacce, intimidazioni ecc.).

    In estrema sintesi il diritto di difesa si collega al “giusto processo” previsto e disciplinato a livello costituzionale dall’art. 111.

      La costituzione si preoccupa inoltre di rendere effettivi il diritto di agire in giudizio e il diritto di difesa, tanto per i cittadini benestanti che per quelli indigenti disponendo in attuazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui al co. 2 dell’art. 3, che i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione devono essere assicurati, per coloro che non sono in grado di affrontare i costi di un procedimento giurisdizionale a spese dello Stato, si tratta dell’istituto del cosiddetto patrocinio a spese dello Stato disciplinato dalla Dpr. 30 maggio 2002, n.115.

     L’istituto della riparazione dell’errore giudiziario, citato nell’ult. Co. della norma in esame, è disciplinato dagli artt. 643-647 c.p.p. ed è strettamente connesso a quello della revisione.

   La revisione, nel processo penale italiano, è un mezzo di impugnazione straordinario esperibile contro i provvedimenti di condanna passati in giudicato cioè divenuti irrevocabili. Più precisamente la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell’articolo 444, comma 2,cpp o dei decreti penali di condanna, diventati irrevocabili, è ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge anche se la pena è stata eseguita o è estinta (art. 629 c.p.p.). Tra le motivazioni che possono portare a una revisione ci sono i motivi elencati dall’articolo 630 del codice di procedura penale.

   Il legislatore ha previsto, in favore di chi sia stato prosciolto a seguito del giudizio di revisione, il diritto ad una riparazione (danno esistenziale da errore giudiziario) commisurata alla durata della pena eventualmente espiata ed alle conseguenze patite in conseguenza di una condanna successivamente rescissa.

    L’errore giudiziario è, dunque, l’ingiustizia determinata da una condanna errata e, in quanto tale, annullata, a seguito del giudizio di revisione. Tecnicamente non si tratta di un vero e proprio risarcimento, bensì di una indennità (o indennizzo), e ciò in quanto non segue ad un atto illecito.

   Il diritto alla riparazione è, però, escluso in tutti quei casi in cui lo stesso condannato abbia contribuito, per dolo (è il caso, ad esempio, di chi, pur sapendosi innocente, si processi colpevole) o colpa grave (per avere, ad esempio, omesso di fornire, per negligenza o disinteresse, elementi utili), alla errata valutazione del Giudice.

(Immagine web)