Il principio del ne bis in idem (art 649 cpp)

     Il principio del ne bis in idem è preordinato a precludere l’instaurazione di un secondo processo penale in relazione ad un fatto già giudicato con sentenza definitiva, di condanna o di proscioglimento. Ancorché espressamente sancito dalla sola disposizione processuale di cui all’articolo 649 cpp, al divieto di bis in idem è attribuita portata di principio generale dell’ordinamento (come attestato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 34655/2005) pertanto esso trova applicazione non soltanto nella fase dell’udienza preliminare del dibattimento, ma anche in quella cautelare e in quella esecutiva (Cass. 14893/2010).

     Corollario del giusto processo ex art 111 Cost (posto simultaneamente a tutela del diritto di difesa, della ragionevole durata del processo e della finalità rieducativa della pena ex art 27 Cost.) il principio del ne bis in idem oltre ad essere sancito nell’articolo 649 cpp è sotteso ad una pluralità di ulteriori disposizioni del codice di rito, parimenti volte a prevenire la moltiplicazione dei procedimenti aventi ad oggetto il medesimo fatto: in riferimento alla disciplina dei conflitti di competenza tra uffici giudicanti (art. 28 ss cpp) o requirenti (art. 54 ss cpp) come anche alla disposizione che consente al giudice dell’esecuzione di porre rimedio all’eventuale erronea pronuncia di più sentenze di condanna per il medesimo fatto (art. 669 cpp).

     Il principio del ne bis in idem risponde a multiformi interessi: è volto da un lato ad istituire un “presidio al principio di ordine pubblico processuale funzionale alla certezza delle situazioni giuridiche accertate da una decisione irrevocabile” e dall’altro a dare concretezza a“ un diritto civile politico dell’individuo, sicché il divieto deve ritenersi sancito anche a tutela dell’interesse della persona, già prosciolta o condannata, a non essere nuovamente perseguitata” risultando al contempo funzionale a prevenire un superfluo dispendio di risorse del sistema giudiziario.

     Il presupposto di natura oggettiva è che vi sia identità tra il fatto già accertato con provvedimento passato in giudicato e quello in relazione al quale si vuole /si sta instaurando un nuovo procedimento. Ebbene, se in dottrina si sono registrate plurime interpretazioni, oscillandosi fra chi identifica il fatto nella mera condotta esteriore (PAGLIARO) e chi nell’intera fattispecie legale (DE LUCA), secondo la letteratura consacrata in numerose pronunce della Cassazione “l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo di persona” (Cass. Pen. N. 28548/2010). In altri termini affinché operi la preclusione prevista dall’articolo 649 cpp è necessaria una “ corrispondenza biunivoca fra gli elementi costitutivi dei reati descritti nelle rispettive contestazioni” (Cass pen. 52645/2014).

    Nonostante il tenore letterale della disposizione, che sembrerebbe circoscrivere l’applicazione ai soli casi di intervento di una pronuncia irrevocabile, la Corte di cassazione a sezioni unite sentenza n 34655/ 2005, ha enunciato la necessità di applicare il principio anche ove sia intervenuta una pronuncia non ancora passata in giudicato, mediante il ricorso alla analogia iuris, consentita in quanto operante in bonam partem.

    Poiché la medesima condotta si può tradurre in una pluralità di violazioni della stessa o di distinte disposizioni di legge, configurando così un’ipotesi di concorso formale di reati ex articolo 81, comma 1 codice penale, è concepibile che le medesime siano contestate in diversi procedimenti, ancorché insistenti sui medesimi fatti storici: “ La preclusione del ne bis in idem non opera ove fra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un’ipotesi di concorso formale di reati, potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, fatta salva l’ipotesi in cui nel primo giudizio sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell’imputato, poiché in questo caso l’evento giuridico considerato successivamente si pone in rapporto di inconcepibilità logica con il fatto già giudicato” (Cass. Pren n. 50130/2014; Cass. Pen. N. 18269/2013).

Pubblicato da evasimola

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