Utilizzo del server per finalità diverse dall’ufficio

Art.615-ter. (Accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico).

Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

  1. se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
  2. se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
  3. se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l´interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.

 Art. 615 terQualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici d´interesse militare o relativi all´ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque d´interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni. Nel caso previsto dal primo

    La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate circa la possibilità che venga integrato il reato di cui all’articolo 615 ter cp nel caso in cui il soggetto agente, pur legittimamente introdottosi nel server dell’ufficio, persegua finalità diverse da quelle per le quali la facoltà di accesso gli era stata attribuita.

  Per un primo orientamento la fattispecie criminosa risulta integrata anche quando colui che, autorizzato all’accesso per una determinata finalità, utilizzi però il titolo di legittimazione per una finalità diversa in quanto l’articolo 615 ter fa riferimento al fatto del mantenersi all’interno del sistema informatico contro la volontà espressa o tacita di chi abbia il diritto di escludere.

   Per un secondo orientamento l’accesso lecito del soggetto abilitato ancorché effettuato per finalità estranea a quella dell’ufficio e persino illecita non è ricompreso nella norma in quanto non è possibile estendere in via interpretativa la fattispecie.

    Nel 2012 le SU hanno affermato che la condotta di accesso e di mantenimento nel sistema posto in essere da un soggetto abilitato che violi i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare integra la fattispecie in esame, in quanto è proprio la violazione oggettiva delle indicazioni per cui gli era consentito l’accesso che nella ricostruzione delle sezioni unite, implica il dissenso tacito del dominus loci (Cass SU n. 4694/12)

    Ulteriormente si è sviluppato un dibattito circa l’applicazione dell’art. 615 ter co 2. N. 1 all’ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio utilizzi il sistema per finalità estranee ai sui compiti. Le SU hanno affermato che costituisce violazione dei doveri d’ufficio lo sviamento del potere che si ha allorquando il pubblico o il funzionario nella sua attività concreta persegua una finalità diversa da quella che gli assegna in astratto la legge sul procedimento amministrativo (art. domi1 L 241/1990) (Cass. SU  41210/17).

    Ne deriva, in estrema sintesi, che sia nel privato che nel pubblico colui che utilizza il sistema informatico per finalità diverse da quella assegnatali realizza il reato di cui all’art. 615 ter cp

 

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Pubblicato da evasimola

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