La riforma Cartabia e la giustizia penale

   La cosiddetta riforma Cartabia è un provvedimento sostanziale, avente ad oggetto le regole del processo civile e penale, che prende il nome da Marta Cartabia, ex ministro della giustizia del governo Draghi e prima firmataria della legge (rientra nelle misure  previste dall’accordo sottoscritto dall’Italia con l’ Unione Europea nel piano nazionale di resilienza (PNRR).

Limitandosi in questo articolo alla sola materia penale si considera che la riforma punta ad accorciare le tempistiche del processo penale del 25% entro il 2026 agendo sugli aspetti dell’iter processuale che maggiormente lo rallentano.

   Nello specifico la legge 27 settembre 2021, n. 134 dava delega al Governo “per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” ne deriva che il fine intorno a cui ruotano tutti gli interventi della riforma Cartabia è quello di garantire una durata ragionevole del processo penale.

Innanzitutto la Legge Cartabia ha stabilito dei limiti di durata delle indagini preliminari: sei mesi per le contravvenzioni, un anno per i delitti e un anno e sei mesi per i delitti più gravi previsti dall’articolo 407 cpp (queste soglie possono essere prorogate solo una volta per non più di sei mesi).  A questi tempi si aggiunge la facoltà del pubblico ministero di chiedere l’archiviazione del caso per insufficiente previsione della condanna e la  digitalizzazione del processo penale quest’ultima volta a ridurre i tempi morti successivi alle attività di indagine.

Ai fini di garantire una più efficiente transizione digitale si prevede l’introduzione di un piano triennale con l’istituzione di un comitato tecnico scientifico che avrà come obiettivo:

  • l’elaborazione e la conservazione di atti e documenti processuali in formato digitale;
  • garantire che il deposito di atti, documenti, notifiche siano effettuate con modalità telematiche;
  • la registrazione audiovisiva o audio dell’interrogatorio, della formazione della testimonianza;
  • l’individuazione delle casistiche in cui la partecipazione all’udienza sia possibile da remoto o in videoconferenza.

Inoltre richiamando tutti i protagonisti del processo al senso di responsabilità la riforma ha cercato di ridurre i comportamenti non corretti di giudici, avvocati, imputati ecc correggendo l’uso strumentale di alcune previsioni di legge che vengono sfruttate i fini dilatatori

La riforma è intervenuta poi sulle misure detentive alternative, incentivando il ricorso a riti processuali brevi e deflattivi e il ricorso alla giustizia riparativa (la mediazione con il consenso delle parti). Come è noto questi riti cd deflattivi sono procedimenti con tempistiche molto ridotte rispetto ad un procedimento ordinario e con benefici sia per le vittime che per gli imputati pertanto al fine di incentivarne ricorso la legge prevede che venga esteso l’accordo formulato in sede di patteggiamento anche alla confisca facoltativa e alla determinazione di beni specifici.

   Il patteggiamento viene allargato con la possibilità di includere nell’accordo la previsione di pene accessorie e determinarne la durata.

Con il rito abbreviato invece l’imputato ha diritto ad un ulteriore sconto di 1/6 della pena se rinuncia all’impugnazione. Il rito abbreviato o la sospensione della pena con messa alla prova (cioè ad esempio il condannato esegue lavori di pubblica utilità) possono essere concessi anche se è stato negato il patteggiamento.

Stante l’altissimo numero di assoluzioni nei primi gradi di giudizio la legge Cartabia ha introdotto l’udienza dibattimentale in camera di consiglio con un giudice diverso rispetto a quello dell’eventuale dibattimento, udienza filtro che, soprattutto in ipotesi di citazioni dirette del pm i cui casi sono stati ampliati per i reati con pene fino a sei anni che non presentino particolari difficoltà di accertamento, risulta particolarmente utile al fine di stabilire se celebrare o meno il dibattimento.

La nuova legge conferma poi che la prescrizione del reato è bloccata dopo la sentenza di primo grado imponendo due anni per l’Appello (un ulteriore anno per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge), un anno per la Cassazione con ulteriore sei mesi per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge (queste regole non si applicano per i reati con pena dell’ergastolo e per i reati di stampo mafioso la cui proroga è fino a tre anni).

Inoltre nell’ottica dell’alleggerimento del carico penale è stabilita:

  • l’impossibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi se “nell’atto manchi la puntuale ed esplicita enunciazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel procedimento”.
  • la limitazione dell’ipotesi in cui è possibile instaurare un processo in assenza dell’imputato;
  • l’introduzione di nuovi moderni meccanismi che consentano all’indagato di venire a conoscenza degli atti relativi all’indagine;
  • la possibilità di accesso a programmi di giustizia riparativa in ogni fase del procedimento su base volontaria con il consenso libero ed informato della vittima e quello del giudice.

Viene  inoltre disposta l’abolizione:

  • della libertà vigilata;
  • della semi detenzione;

Pertanto quando la pena non supera i tre anni si può optare per il lavoro di pubblica utilità (LPU) mentre se non supera l’anno per la conversione in pena pecuniaria.

In sintesi la nuova normativa introduce rilevanti novità nel processo penale con la doppia finalità di riduzione del carico dei procedimenti e della loro durata, obiettivi che saranno raggiungibili nel tempo grazie anche ad un auspicabile aumento di organico.

 

(immagine disponibile nel web)

Pubblicato da evasimola

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