Il principio di legalità: parte II

Il principio di legalità si articola in tre sottostanti principi, cosiddetti corollari, che riguardano rispettivamente la fonte, la formulazione l’efficacia nel tempo del precetto penale:

  1. il principio della riserva di legge (fonte),
  2. il principio di tassatività (formulazione);
  • il principio di irretroattività (efficacia nel tempo);

   Tali principi sono interdipendenti e inscindibili in quanto tutti funzionali alla medesima esigenza garantista: la riserva di legge garantisce dai possibili arbitrii del governo, che è l’espressione della sola maggioranza politica, la tassatività garantisce dai possibili arbitrii del giudice che si possono verificare quando egli si trova ad applicare una norma dal contenuto vago e indeterminato, l’irretroattività infine garantisce dagli arbitrii dello stesso legislatore, assicurando la libertà d’azione di ciascun consociato nei confronti delle decisioni di politica criminale assunte dal Parlamento.

  1. A) Il principio di “riserva di legge” in materia penale.

   Il principio della riserva di legge attribuisce il monopolio normativo penale al potere legislativo, limitando le fonti del diritto penale alla sola legge o agli atti aventi forza di legge e, conseguentemente, vietando di punire un determinato fatto in assenza di una preesistente legge che lo configuri come reato e che ne preveda la relativa sanzione.

La sua funzione è quella di sottrarre la libertà del singolo dal possibile arbitrio del potere giudiziario e, ancor prima da quello del potere esecutivo.

Oggetto della riserva di legge sono le sole norme incriminatrici, destinate ad individuare di volta in volta i presupposti dai quali dipende il sé, il come e il quanto della punizione purtuttavia alcuni autori vi riconducono anche le scriminanti (Marinucci).

    Le questioni più controverse che sorgono nell’interpretazione del principio costituzionale della riserva di legge in materia penale riguardano essenzialmente due profili:

  1. a) l’individuazione delle fonti normative che soddisfano la riserva di legge costituzionale (detto in altri termini: cosa si intende per legge ai sensi dell’art. 25, co. 2, Cost.);
  2. b) la natura della riserva di legge e il conseguente spazio consentito alle c.d. fonti normative secondarie nella “costruzione” del precetto (detto altrimenti: la riserva di legge assoluta o relativa?).

     La legge penale

Per stabilire se un determinato atto normativo soddisfi o meno la riserva di legge di cui all’art. 25, co. 2, Cost., è necessario verificare se il relativo procedimento di formazione assicuri o meno al Parlamento il ruolo, centrale e tendenzialmente esclusivo, di democraticità e rappresentatività che qualifica la legge formale (ossia oltre alla costituzione e agli atti normativi emanati dal Parlamento quali leggi costituzionali ex art. 138 l’Cost,  le leggi ordinarie  ex articoli 70 – 74).

    Gli atti aventi forza di legge adottati dal Governo: i decreti legislativi delegati e i decreti-legge ossia le leggi materiali.

     La questione concernente la legittimità costituzionale dei decreti legislativi delegati e dei decreti-legge in materia penale è stata da tempo affrontata e risolta dalla Corte costituzionale in termini positivi. Anche la prassi parlamentare e governativa ammette che il decreto legislativo e il decreto-legge siano fonti abilitate a introdurre nome penali. La Corte costituzionale – pur condividendo la premessa secondo cui il criterio da utilizzare deve indagare il ruolo riservato al Parlamento, senza potersi risolvere nel dato meramente formale rappresentato dalla “forza di legge” – ha ritenuto che il Parlamento conservi un ruolo sufficientemente importante sia rispetto al decreto legislativo, sia rispetto al decreto-legge.

Nel caso del decreto legislativo, la sua inclusione tra le fonti abilitate ai sensi dell’art. 25, co. 2, Cost. sarebbe giustificata dal fatto che il Parlamento deve dettare ai sensi dell’art. 76 Cost. “principi e criteri direttivi” per il Governo, conservando per questa via il monopolio delle scelte punitive.

    L’inclusione del decreto-legge tra le fonti del diritto penale viene, a sua volta, legittimata sulla base di un duplice argomento: nel caso di conversione, le norme emanate dal potere esecutivo vengono fatte proprie dal Parlamento, che le traduce in una legge formale; d’altro canto, in caso di mancata conversione, gli effetti del decreto-legge risulterebbero integralmente travolti sin dall’inizio, secondo il disposto dell’art. 77, co. 3, Cost.

Diversamente non possono costituire le fonti del diritto penale tutti gli altri atti normativi del potere esecutivo. Più precisamente i regolamenti, poiché la riserva di legge vieta l’esecutivo di emanare norme penali nell’esercizio del potere regolamentare e proibisce allo stesso legislatore di privarsi del potere legislativo penale per delegarla quello regolamentare.

   La legge regionale

La dottrina dominante e la giurisprudenza escludono dal novero delle fonti della legge penale la legge regionale. Tale esclusione può essere giustificata con vari argomenti.

  • La restrizione dei beni fondamentali della persona è un atto così importante che non può che essere lasciata allo stato.
  • La restrizione della libertà non può che essere uniforme su tutto il territorio nazionale a meno di non violare l’articolo 3 della Costituzione;
  • L’articolo 120 della Costituzione vieta alle regioni di adottare provvedimenti che sono di ostacolo al libero esercizio dei diritti da parte dei cittadini;
  • quando la Costituzione parla di legge allude sempre alla legge dello stato, mentre quando ha voluto accomunare le leggi statali a quelle regionali lo ha detto espressamente (ad esempio nell’articolo 134 della Costituzione, a proposito del sindacato costituzionale di legittimità sugli atti legislativi, dice che “la Corte Costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello stato e delle regioni…”.
  • la nuova formula dell’art. 117 Cost. modificato con cost. 18 ottobre 2001, n. 3, esprime nettamente la competenza Statale in materia penale.
  • Allo stato attuale pertanto le regioni possono presidiare i propri precetti soltanto mediante ricorso alla sanzione amministrativa.

    Ciò non esclude però che:

    • la legge regionale integri la legge statale negli stessi limiti in cui ciò avviene ad opera delle fonti secondarie statali;
    • che il legislatore statale munisca di sanzione penale un precetto regionale;
    • il legislatore statale configuri delle norme penali in bianco volte a sanzionare le infrazioni alle leggi regionali emanate nell’ambito di leggi cornice statali.

    Ad esempio la giurisprudenza non ha ritenuto reato lo scarico di sostanze inquinanti nelle acque pubbliche, nonostante un espresso divieto imposto da una legge statale, perché esisteva una legge regionale che consentiva dei limiti di tollerabilità superiori a quelli stabiliti dalla legge statale.

    Si segnala l’articolo 23 dello statuto Trentino Alto Adige secondo il quale “La Regione e le Province utilizzano – a presidio delle norme contenute nelle rispettive leggi – le sanzioni penali che le leggi dello Stato stabiliscono per le stesse fattispecie”.

    Diverso è il caso delle norme scriminanti: secondo alcuni autori e una parte della giurisprudenza la riserva di legge non si estende alle norme che prevedono cause di giustificazione, ritenuta espressione di principi più generali desumibili dall’intero ordinamento giuridico e per tale motivo anche da una legge regionale, ma tale teoria è contestata da chi (Fiore) ritiene che in tal modo si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra cittadini appartenenti a regioni diverse.

Altri autori (Mantovani) invece escludono che una legge regionale possa prevedere nuovi tipi scriminanti in quanto ogni deroga alla normativa incriminatrice può essere prevista, in forza del principio della gerarchia delle fonti, da norme di grado almeno pari, essi ammettono al più che la legge regionale integri il diritto e il dovere scriminate di cui all’articolo 51 cp nel rispetto dei principi fondamentali delle leggi statali

Secondo Padovani una deroga al divieto per le regioni di predisporre norme penali è contenuta nella L.689/1981, il cui articolo 9 dispone che quando un fatto è assoggettabile ad una sanzione amministrativa prevista da una legge regionale e ad una sanzione statale applicabile solo in mancanza di altra disposizione troverà applicazione la prima disposizione.

     Art. 9. Principio di specialità

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che prevede una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.

Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni e integrazioni, si applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti da disposizioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande.

 

    Per quanto attiene al diritto internazionale occorre distinguere a seconda che si tratti di diritto pattizio o  consuetudinario.

Il primo (pattizio) entra a far parte del nostro ordinamento interno o attraverso la legge di ratifica dell’esecuzione oppure attraverso una legge che attui gli impegni assunti convenzionalmente. In ogni caso sarà la legge statale a venire in rilievo.

Il secondo (consuetudinario) entra a far parte del nostro diritto interno attraverso l’articolo 10 offrendo al giudice un criterio interpretativo e imponendo al legislatore di tutelare gli interessi internazionali protetti.

    In sintesi le fonti interne del diritto penale sono:

  • le leggi formali, ossia oltre alla costituzione gli atti normativi emanati dal Parlamento, quali le leggi costituzionali e le leggi ordinarie;
  • le leggi materiali ossia gli atti aventi forza di legge emanati da organi diversi dal potere legislativo quale i decreti legislativi e i decreti legge emanati dal governo;
  • i decreti governativi in tempo di guerra emanati dal governo su delega del Parlamento ai sensi dell’articolo 78 costituzione, i bandi militari (disciplinati dal regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415 e dal regio decreto 20 febbraio 1941, n. 302) emanati dal comandante supremo delle forze armate nelle zone dove esplica il comando (si tratta di una potestà straordinaria delegata dal Parlamento nel quadro della delegazione dei poteri necessari al governo ai sensi dell’articolo 78);

 

…( continua)

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Pubblicato da evasimola

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