Quando il Sale and lease back viola l’art. 2744 cc

   Con il contratto di “sale and lease back” (finanziamento con patto di retrovendita) un soggetto, generalmente imprenditore, vende un proprio bene immobile o mobile a una società di leasing, che contestualmente lo concede in locazione allo stesso soggetto venditore, a fronte del pagamento di un canone per l’utilizzo del bene, con facoltà di riacquistarne la proprietà, alla scadenza del leasing, esercitando un diritto d’opzione per un determinato prezzo. Si tratta di un’operazione economica che permette all’utilizzatore di ottenere liquidità e, allo stesso tempo, continuare a utilizzare il bene ceduto alla società finanziaria, con la prospettiva di riacquisirlo.

 In alcuni casi, tuttavia, tale tipo di contratto può rivelarsi nullo perché contrario alla legge; ciò avviene quando l’operazione persegue la finalità occulta di eludere il divieto del patto commissorio (detto altrimenti la causa è illecita).

   La definizione di patto commissorio si trova all’interno del codice civile: l’ Art 2744 stabilisce che “È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.

   La ragione di tale divieto si ritrova in numerose sentenze: in tema di patto commissorio le Sezioni Unite, con sentenze n. 1611/1989 e n. 1907/1989, hanno fondato il divieto di tale patto sulla duplice esigenza di protezione del debitore e di tutela dell’interesse dei creditori estranei al patto (cd par condicio creditorum). Il divieto del patto commissorio è stato, pertanto, esteso a qualsiasi negozio, tipico o atipico, che sia in concreto impiegato per conseguire il fine dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito; esso può configurarsi anche ogni qual volta il debitore sia comunque costretto al trasferimento di un suo bene al creditore a tacitazione dell’obbligazione (Cass. n. 23553 del 27/10/2020; Cass. n. 4262 del 20/02/2013; Cass. civ., n. 8411/2003; Cass. civ., n. 18655/2004; Cass. civ., n. 437/2009).

    Ulteriormente è stato precisato che, ove vi siano più contratti tra loro collegati, non è dirimente la liceità dei singoli negozi predisposti dalle parti, dovendosi guardare al risultato complessivo: l’art. 2744 c.c. esprime un divieto di risultato, e trova applicazione, oltre che nelle ipotesi espressamente contemplate dall’art. 2744 c.c., anche in caso di alienazioni a scopo di garanzia sospensivamente condizionate all’inadempimento o in quelle immediatamente traslative risolutivamente condizionate all’adempimento del debitore (da ultimo: Cass., n. 23553 del 27/10/2020). Dunque, rispetto a più negozi tra loro collegati, il patto commissorio è ravvisabile qualora l’assetto di interessi complessivo sia tale da far ritenere che il trasferimento di un bene sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere sia dalla natura meramente obbligatoria, traslativa o reale del contratto, sia dal momento temporale in cui l’effetto traslativo è destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione (cfr. Cass., n. 23553 del 27/10/2020 e Cass., n. 9466 del 19/05/2004).

    Diversamente il divieto del patto commissorio non è configurabile qualora: “1. il trasferimento avvenga allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto. 2. Va esclusa la violazione del divieto del patto commissorio quando manchi l’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre; il divieto di tale patto non è applicabile allorquando la titolarità del bene passi all’acquirente con l’obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all’esatto adempimento». Corte di Cassazione, sez. II, sentenza n. 19694 del 17 giugno 2022.

  La Cassazione ha inoltre affermato che la compresenza degli indicatori sintomatici è indice di un possibile intento fraudolento (gli indicatori sintomatici sono: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente). (Cass n. 38693 /2021).

  Nello specifico, gli elementi sintomatici rivelatori dell’intento contrattuale fraudolento nel sale and lease back sono:

  • l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice;
  • le difficoltà economiche di quest’ultima;
  • la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4664 del 22/02/2021 e Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 2219 del 25/01/2022)

    Infine, coerentemente con le ragioni del divieto sancito dall’art. 2744 c.c., è stato anche precisato che la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene oggetto del contratto risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute (cfr. Cass., n. 4514 del 26/02/2018).

  In conclusione ne consegue che, che il sale and lease back “è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che non sia stata posta in essere la causa concreta del leasing, bensì quella della vendita con funzione di garanzia, allo scopo di eludere il divieto del patto commissorio” (Cass., Sez. I, Ord., 21 settembre 2022, n. 27615).

 

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Pubblicato da evasimola

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