Obbligo di difesa tecnica nel processo penale

    L’art. 24, co. Cost. stabilisce che “la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.

   La difesa può essere esercitata direttamente dal soggetto nei confronti del quale si procede (in tal caso si parla di autodifesa), ovvero per il tramite di un difensore (in tal caso si parla, invece, di difesa tecnica).

      Ad. Esempio l’art. 82 cpc prevede le ipotesi nelle quali è ammessa la difesa personale nel processo civile davanti al giudice di pace.

    L’autodifesa nel processo penalenon è consentita in difetto di una espressa disposizione di legge. Infatti nel processo penale l’obbligo della difesa tecnica, sancito dagli artt. 96 e 97 c.p.p., esclude che le parti, anche se abilitate all’esercizio della funzione di avvocato, possano essere difese da se stesse (Cassazione penale, sez. II, Sentenza 26/07/2018 n° 35651) v. Cass. sez. 2 n. 40715 del 16.7.2013, Stara, rv 257072 alla cui articolata motivazione si fa rinvio; nello stesso senso, fra le altre: Cass. sez. 5 n. 49551 del 3.10.2016, Mucci, rv 268744; Cass. sez. 6 n. 7472 del 26.1.2017, P.O. in proc. Benigno, rv. 269739; e meno recentemente Cass. sez. 1 n. 7786 del 29.1.2008, Stara, rv. 239237; Cass. sez. 5 n. 32143 del 3.4.2013, Querci, rv 256085). Nè è possibile attribuire rilevanza al richiamo dell’art. 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo (cioè alle “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”), ai fini dell’adeguamento del diritto interno, poichè esso è riferito soltanto alle norme internazionali di natura consuetudinaria e non a quelle di natura pattizia (v. C. Cost. Ord. 421/97 e Sent. 188/80 e Cass., sez. 2^, 17 maggio 2013, Caldarelli, e Sez. 5, n. 17400 del 02/04/2008 – dep. 28/04/2008, Greco, Rv. 240424).

  “Ciò vale anche per la parte civile, per la quale non soltanto non v’è alcuna norma che preveda un’eccezione all’anzidetta regola generale di sistema, ma addirittura quest’ultima è ex professo affermata: stabilisce, infatti, l’articolo 100 c.p.p., che “la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale” (Cass. Pen., Sez. VI, 11/05/2020, n. 14411).

   La sesta sezione penale ribadisce “in linea con la giurisprudenza di legittimità nettamente dominante, la necessità della difesa tecnica nel processo penale, che non può essere surrogata dal possesso, ad opera della parte processuale, delle necessarie qualità professionali. Il principio, riaffermato anche dalle Sezioni unite di questa Corte quale regola generale, e perciò derogabile soltanto in presenza di specifiche eccezioni (sentenza n. 6816 del 30/01/2007, Inzerillo, Rv. 235344), non trova voci dissenzienti con riferimento alla figura dell’imputato (Sez. 6, n. 46021 del 19/09/2018, Antonucci, Rv. 274281; Sez. 5, n. 49551 del 03/10/2016, Mucci, Rv. 268744; Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072). Esso rappresenta, infatti, presidio di tutela del corretto svolgimento del processo e del funzionamento della giustizia, nella parità dialettica tra accusa e difesa, posto, perciò, a garanzia di un interesse pubblico e destinato, come tale, a superare quello del singolo, secondo quanto ripetutamente affermato anche dalla Corte costituzionale (sentenze n. 59 del 1959, n. 125 del 1979, n. 188 del 1980)” (Cass. Pen., Sez. VI, 11/05/2020, n. 14411).

     Secondo la Suprema corte anche nella prospettiva convenzionale, dove si riconosce il diritto dell’accusato di “difendersi personalmente”, accanto a quello di avvalersi dell’assistenza di un difensore (contenuta nell’articolo 6, § 3, lettera c), CEDU) tale disposizione non pone all’imputato-indagato l’alternativa tra autodifesa o difesa tecnica, bensì gli assicura un sistema minimo di garanzie, riconoscendogli quanto meno il diritto all’autodifesa, per l’eventualità in cui negli ordinamenti degli Stati aderenti non sia riconosciuto quello alla difesa tecnica. Ne consegue che “il diritto all’autodifesa non è assoluto ma è limitato dal diritto dello Stato di emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali, allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia (Sez. 1, n. 7786 del 29/01/2008, Stara, Rv. 239237). Del resto, la stessa Corte Edu, non precisando le condizioni di esercizio del diritto difesa, ha lasciato agli Stati contraenti, come dalla stessa chiarito, la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto, integrativo dei requisiti di un equo processo (sent. 27 aprile 2006, ric. n. 30961/03, Sannino c/Italia) Ed allora, ponendo a raffronto le due discipline, si coglie all’evidenza come uno dei più rilevanti elementi differenziali – se non proprio il più significativo – di due regolamenti normativi per il resto sostanzialmente simili sia quello per cui, mentre nel processo civile, quando la parte “ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore…, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore” (articolo 86), un’analoga previsione non è stata inserita nel codice di procedura penale. E, poiché il legislatore del 1988 aveva ben presente il modello del corrispondente rito civile, al quale, peraltro, ha abbondantemente attinto per la regolamentazione di altri aspetti dell’azione civile nel processo penale, detta omissione non può essere attribuita ad una svista, ma dev’essere ragionevolmente intesa come espressione della precisa volontà di imporre a tutte le parti del processo penale la difesa tecnica mediante professionisti terzi. La giurisprudenza di legittimità, del resto, è nettamente prevalente in tal senso (Sez. 3, n. 41744 del 06/10/2009, S., Rv. 245265, in fattispecie, del tutto analoga a quella in giudizio, di avvocato e curatore speciale del minore danneggiato; Sez. 5, n. 815 del 29/11/1996, Cassano, Rv. 208199), anche con specifico riferimento all’ipotesi – come quella in esame – di sottoscrizione personale dell’atto di appello per i soli interessi civili (Sez. 6, n. 48601 del 21/09/2017, Zironi, Rv. 271502).

    Sul punto la Cassazione evidenzia che esiste “un precedente di segno divergente, seppure specificamente attinente al ricorso per cassazione: aspetto, quest’ultimo, non privo di rilevanza, in ragione della possibilità di proposizione personale di tale impugnazione, riconosciuta – almeno all’epoca – a tutte le parti processuali dall’articolo 613 c.p.p., nella formulazione allora vigente. Il riferimento è a Sez. 4, n. 10546 del 13/02/2014, Arcuri, Rv. 258442, che ha riconosciuto la legittimazione della parte civile a proporre personalmente ricorso in sede di legittimità, purché si tratti di avvocato iscritto nel relativo albo speciale. Ha ritenuto quel Collegio che le ragioni che rendono opportuna l’esclusione di un diretto coinvolgimento autodifensivo dell’imputato non impongono una conforme soluzione legislativa per la trattazione processuale di interessi, pur coinvolti dal processo penale, d’indole diversa da quella relativa alla difesa dall’imputazione criminale, rinvenendone logica conferma nella presenza di previsioni legislative che derogano alla regola generale della rappresentanza tecnica nel processo penale, come l’articolo 571 c.p.p., comma 1, e, appunto, articolo 613 c.p.p., ma anche Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 170, e gli articoli 86 e 365 c.p.c., in armonia con L. n. 247 del 2012, articolo 13, che sancisce la possibilità per l’avvocato di “esercitare l’incarico professionale anche a proprio favore”. Tale argomentare non persuade. Con la già ricordata sentenza Inzerillo del 2007, citata anche dalla pronuncia qui criticata, le Sezioni unite di questa Corte hanno comunque ribadito la natura di regola generale della difesa tecnica nel processo penale, e quindi la necessità, per potervi derogare, di una disposizione specifica (come, appunto, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 170, sul quale erano state chiamate a pronunciarsi). E s’è già detto, altresì, che tale disposizione eccezionale e specifica non può rinvenirsi in quella dell’articolo 86 c.p.c., perché non solo non richiamata, ma anzi espressamente contraddetta dall’articolo 100 c.p.p., che è norma di settore e, per di più, successiva. Né tale necessaria norma eccezionale può rinvenirsi nel L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 13, comma 1, in materia di ordinamento della professione forense. Questa disposizione, infatti, proprio perché genericamente riferita a qualsiasi incarico professionale dell’avvocato, senza distinzione alcuna, dev’essere necessariamente letta in coordinamento con le prescrizioni specifiche di ogni ramo dell’ordinamento e con le correlate previsioni procedurali, potendosi perciò attribuire ad essa un carattere meramente ricognitivo di fonti aliunde contenute (come l’articolo 86 c.p.c., per esempio), ma non certo derogatorio delle stess e Del resto, proprio la presenza dell’articolo 571 c.p.p., comma 1, e articolo 613 c.p.p. (nella formulazione ormai non più vigente), costituisce indiretta ma inequivoca conferma dell’esistenza di una regola generale di necessità della difesa tecnica e terza rispetto alla parte, poiché, altrimenti, dette previsioni non sarebbero state necessarie” (Cass. Pen., Sez. VI, 11/05/2020, n. 14411).

      In conclusione la necessità della difesa tecnica nel processo penale non può essere surrogata dal possesso, ad opera della parte processuale, delle necessarie qualità professionali e questo vale anche per la parte civile, pertanto l’imputato, la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale. Detto altrimenti un avvocato imputato in un processo penale ovvero parte processuale perché ad es parte civile dovrà nominare un collega al fine di avere una difesa tecnica nel processo penale che lo vede come parte di esso. Diversamente nel processo civile l’art 86 cpc prevede la possibilità che la parte, avvocato, che si difende personalmente deve specificare a che titolo partecipa al giudizio. E ciò in considerazione del fatto che «mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l’intenzione di operare come difensore di se medesimo [..], ha diritto alla liquidazione delle spese secondo i parametri professionali» (Cass., n. 12680/2004, richiamata da Cass. civ., n. 1518/2018).

 

Pubblicato da evasimola

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