Filmato hard tra minori poi rivisto con amici. Quali sono le conseguenze penali?

(17/09/2017)

   Il periodo che va dai 12 ai 17 anni di età, è una fase determinante nello sviluppo di un individuo. Per quanto attiene alla sfera sessuale è proprio in questo periodo che l’adolescente si pone i primi interrogativi ed inizia a fare le prime esperienze anche se, non è preparato alle conseguenze di un attività sessuale (come ad es gravidanze non pianificate,  malattie venere ecc).

 In Italia, secondo i dati diffusi dagli specialisti del Congresso Europeo di ginecologia pediatrica e adolescenziale, la “prima volta” dei ragazzi italiani si verifica mediamente all’età di 17 anni, con un trend in crescita rispetto al passato, cui si accompagna anche la constatazione di una maggiore maturità sessuale. Tale dato, però, è da rapportare ad una situazione formativa e familiare normale, escludendo quindi tutte quelle situazioni di disagio nelle quali sono più frequenti comportamenti anomali. Il comportamento sessuale, infatti, è fortemente influenzato dalla cultura: la Dott.ssa Rebecca Collins della RAND Corporation di Santa Monica (California) ha pubblicato, nel settembre 2004, sulla rivista “Pediatrics”  uno studio nel quale dimostrava la capacità della TV di influenzare i giovanissimi nell’avere rapporti sessuali in età precoce seguendo questo ragionamento non è da escludere che anche internet svolga ruolo importante nelle scelte sessuali degli adolescenti  in quanto questi ultimi usano il web come canale veloce di ricerca al fine di trovare informazioni sui loro “idoli” e quindi realizzare essi stessi quei comportamenti solo visti che stimolano la loro fantasia erotica. Non bisogna dimenticare infatti che i ragazzi tendendo a riprodurre i comportamenti dei personaggi famosi al fine di provarne le stesse emozioni.

   Per comprendere la rilevanza penale di alcune condotte tra adolescenti si può esaminare un caso di cronaca che ha portato alla recente sentenza della terza sezione penale della Corte di Cassazione (Cass. Pen 23 Agosto 2016 n. 35295). Innanzitutto vi è da premettere che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i Minorenni di Palermo, con sentenza dei 25.9.2014,  dichiarava non luogo a procedersi  nei confronti di R. S., perché minore degli anni quattordici al momento dei fatto ( art.26 D.P.R. n.448 del 1988).  All’imputato R.S  veniva ascritto il reato di cui agli artt. 600 ter comma 1 n.1 e 602 ter comma 5 cod. pen. per aver ripreso, tramite l’uso di un telefono cellulare F. G. (minore di anni 16 al tempo dei fatti) mentre gli praticava un rapporto orale. Dagli atti del processo emerge che il minore C. A., dichiarava di aver visto, insieme ai compagni il video pedopornografico sul cellulare dei R. che se ne vantava. Inoltre il Giudice, nella sentenza, ha precisato le circostanze dalle quali può fondatamente trarsi il convincimento della disponibilità dell’imputato a mostrare il materiale in questione ad una pluralità indeterminata di soggetti (indeterminatezza che va intesa non come implicante un elevato numero di soggetti ma piuttosto la non numerabilità ex ante degli stessi).
Assumendo rilievo, sotto tale profilo, l’effettuazione di una videoripresa del rapporto orale che coinvolgeva la minore, la contestuale conservazione della stessa nella memoria di un telefono cellulare, e la successiva sottoposizione alla visione da parte di terzi.
Tutti elementi di per sè sufficienti a integrare il pericolo concreto di una futura diffusione dei materiale detenuto ed archiviato con modalità tali da renderlo disponibile in avvenire. A tal riguardo appare opportuno precisare che il ricorrere di una struttura organizzativa, sia pure rudimentale, non è richiesto ai fini dell’integrazione del reato in parola ma costituisce ulteriore possibile elemento dimostrativo dell’esistenza dei menzionato pericolo e come tale esso ben può essere assente e sostituito da altro idoneo indice probatorio (Sez.4, n.38967de1 5.6.2014 non massimata).

    Avverso tale sentenza proponevano  personalmente ricorso per cassazione R. R. G. e M. M., in proprio e nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore R. S. articolando diversi motivi.

   La Suprema Corte, con la sentenza in oggetto, ha affermato che la decisione del GIP del Tribunale dei minorenni “è in linea con la giurisprudenza di questa Corte in subiecta materia, in base ai quale, ai fini dell’integrazione dei reato di pornografia minorile di cui all’art. 600 ter cod. pen. è necessario che la condotta dei soggetto agente abbia una consistenza tale da implicare il concreto pericolo di diffusione dei materiale pornografico prodotto, sì che esulano dall’area applicativa della norma solo quelle ipotesi in cui la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera strettamente privata dell’autore (Sez. U, n. 13 del 31/05/2000,Rv.21633; Sez. 3, del 21 gennaio 2005 n. 5774; Sez. 3, del 1 dicembre 2009 n. 49604; Sez. 3, dei 20 novembre 2007, dep.14 gennaio 2008 n. 1814; sez. 3, 11 marzo 2010 n. 17178; Sez.3, n. 16340 de/ 12103/2015, Rv.263355), per poi dichiarare inammissibile il ricorso.

   A questo punto ci si può fermare, brevemente, sul delitto di pornografia minorile (art. 600 ter cp). ampiamente modificato dall’ art. 4, 1° co., lett. h, L. 1.10.2012, n. 172 (entrata in vigore il 23.10.2012), che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, sottoscritta a Lanzarote il 25.10.2007. Innanzitutto è importante che il legislatore, spinto dalla necessità di non confonderlo con quello di “osceno”, abbia fornito una nozione di pornografia minorile nello stesso articolo:< Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali
(ult.co art. 600 ter cp Comma aggiunto dal n. 2) della lettera h) del comma 1 dell’art. 4, L. 1° ottobre 2012, n. 172.)  Quanto alla descrizione della condotta il legislatore una tecnica legislativa “ a scalare” attraverso due clausole di riserva che prevedono la punibilità delle condotte indicate, salvo che le stesse non rientrino in fattispecie più gravi. La tutela è poi arricchita dalle previsioni dell’art. 600 quater cp che punisce la mera detenzione di materiale pedopornografico e dall’art. 600 quater_ 1 che estende la punibilità anche a casi di rappresentazioni di immagini virtuali. Per cui non è configurabile il concorso tra il 600 ter e il 600 quater dovendosi applicare in virtù della clausola di riserva di cui al 600 quater la più grave fattispecie di cui al 600 ter cp, rispetto alla quale la detenzione costituisce, quindi, un “post factum” non punibile (Cass. Pen. 27 Ottobre 2015, n. 2011)

   Dalla breve analisi sulla norma del codice Rocco emerge chiaramente come il bene giuridico tutelato è rappresentato dalla tutela dell’integrità fisica e psichica del minore, evitando che egli possa trovarsi a vivere esperienze non adeguate alla sua maturità sessuale.

   Ritornando alla sentenza nei confronti di RS si deve evidenziare come il Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale per i Minorenni di Palermo abbia esposto ampiamente le ragioni che impedivano l’adozione di una più ampia formula liberatoria nei confronti del protagonista dell’episodio oggetto di denuncia: esistevano elementi che deponevano per la “sussistenza dei reato” ma si è applicato l’ art. 26 D.P.R. n.448 del 1988 secondo il “ In ogni stato e grado del procedimento il giudice, quando accerta che l’imputato è minore degli anni quattordici, pronuncia, anche di ufficio, sentenza di non luogo a procedere trattandosi di persona non imputabile”.  In sintesi RS è colpevole ma non punibile, un esito sicuramente poco edificante per lui e per la famiglia.

Dottssa Eva Simola

Pubblicato da evasimola

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