Adescamento di minorenni attraverso internet: il delitto di “child crooming”

(16/09/2016)

   I minori, come figli della nuova generazione, passano spesso ore davanti al pc curiosi di scoprire il mondo, ma anche se stessi, attraverso rapporti umani che spesso per loro è difficile intrattenere per timidezza o altre ragioni, alcune delle quali, alcune volte, molto gravi. Se un genitore deve permettere al proprio figlio di esplorare il mondo del web al fine di gioco-conoscenza è però tenuto, come tutore, a vigilare sui contenuti dei rapporti intrattenuti: è un dato di fatto che molti adulti si celino dietro profili falsi al fine di ottenere immagini, incontri e rapporti sessuali. In pratica il soggetto abusante gradualmente conquista la fiducia del minore, inducendola a ridurre, o azzerare, ogni forma di resistenza all’incontro personale, attraverso tecniche di manipolazione psicologica, al fine di ottenere favori sessuali. In primo contatto con il minore di anni 16 è quindi l’adescamento definito come “ qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione (art. 609-undecies c.p. ).

   Da un punto di vista meramente penale, il delitto di “Adescamento di minorenni” è stato introdotto dalla L. 1.10.2012, n. 172 (entrata in vigore il 23.10.2012), che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, sottoscritta a Lanzarote il 25.10.2007. La Convenzione di Lanzarote, richiede, all’art. 22, la punibilità come reato della condotta di “adescamento di bambini a scopi sessuali”, definita come “il fatto che un adulto proponga intenzionalmente, per mezzo delle tecnologie di comunicazione e di informazione, un incontro ad un bambino… allo scopo di commettere, in tale incontro, un reato… qualora tale proposta sia seguita da atti materiali riconducibili a detto incontro”. Si tratta della condotta altrimenti definita di grooming, ovvero di adescamento dei minori per scopi sessuali tramite internet.

   Il legislatore italiano invece ha voluto anticipare la tutela penale della sfera sessuale dei minori, sanzionando anche i “primi contatti finalizzati agli atti di pedofilia” (Discussione del disegno di legge A.C. 2326-A, seduta del 18.1.2010, Resoconto stenografico dell’Assemblea, 16), ecco perché il delitto è punito in virtù della clausola di riserva  “se il fatto non costituisca più grave reato” nel senso che se il reato fine (ad es la violenza sessuale, art. 609 bis cp) è stato consumato, la condotta di adescamento si risolve in un antefatto non punibile mentre se vi è un tentativo (ad esempio di pornografia minorile art. 600 ter cp) significherebbe di fatto punire la stessa condotta due volte in contrasto con i principi del ne bis in idem sostanziale (E’ stata ritenuta la configurabilità del reato di tentativo di atti sessuali con minorenne ed esclusa quella del delitto di adescamento in relazione alla condotta di imputato che, con spasmodico invio di “sms” e organizzazione di incontri spirituali o di istruzione musicale, aveva cercato di circuire ragazzi minorenni). (Dichiara inammissibile, App. Cagliari, 16/06/2014/ Cass. Pen. 4 Marzo 2015, n. 16329)

   Il dolo è specifico in quanto la norma richiede espressamente che lo“ scopo” sia quello di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies”. (Al delitto di cui all’art. 609 undecies si applicano la confisca di cui all’art. 600 septies e le pene accessorie di cui all’art. 609 nonies).

   In conclusione si può dire che il numero di sentenze per i casi  “adescamento” sono rare a confronto con i delitti di violenza sessuale su minorenne, pornografia minorile e tratta di minori commessi all’estero a significare che molti genitori, o tutori, non conoscono quasi nulla della vita dei propri figli se non quando il reato è consumato e il danno psicologico creato.

Dottssa Eva Simola