Il legislatore precisa che “delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’articolo 240” (art. 333, co.3 cp) distinguendo l’anonimo come informativa da quello come documento che, se contiene delle dichiarazioni anonime non può essere acquisito né in alcun modo utilizzato salvo che costituisca corpo del reato o provenga comunque dall’imputato (da intendersi in senso ampio cioè nella disponibilità dell’imputato). L’unico effetto della denuncia anonima può essere quello di stimolare l’attività di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare e individuare la notizia di reato, facoltà conforme alle attribuzioni istituzionali della polizia giudiziaria e del pubblico ministero ai sensi degli artt. 50, 55, 330 cpp. Giova evidenziare che, ponendosi al di fuori delle indagini preliminari, non sono ammesse le intercettazioni telefoniche, le perquisizioni e i sequestri trattandosi di attività che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità.
La denuncia andrà iscritta nel registro dei documenti anonimi cd mod. 46 (art. 108 disp att. e art. 5 DM 30/10/1089 n. 334 tenuto presso le procure della Repubblica, suddiviso per anni e custodito in modo da assicurarne la riservatezza, indicando obbligatoriamente la data in cui è pervenuta all’ufficio e il suo oggetto. (La modalità di conservazione della denuncia anonima al pari del documento anonimo non utilizzabile sono regolati dall’articolo 5 disposizioni Reg DM 334/1989 (art. 108 disp att). Solo dopo avere svolto tale adempimento il pubblico ministero potrà avviare la pre-inchiesta annotando il trasferimento al mod. 45. In caso di esito negativo, gli atti eventualmente compiuti potranno essere inviati all’archivio con archiviazione diretta e contestuale annotazione della decisione nel registro degli anonimi. Decorsi cinque anni dalla registrazione alla denuncia i relativi documenti andranno distrutti, mentre andrà conservato il verbale delle operazioni compiute.
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