Divorzio: i figli minorenni possono esprimersi sull’affidamento?

Nella separazione e nel divorzio le modalità di affidamento e di visita del genitore non collocatario vengono decise dal giudice.

Il diritto del minore all’ascolto nelle procedure che lo riguardano è un principio sovranazionale, riconosciuto, in primo luogo, dalla Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176, e meglio esplicitato dalla Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del Fanciullo 25 gennaio 1996, ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003 n. 77, cui si è successivamente ispirata la legge sull’affidamento condiviso 8 febbraio 2006 n. 54, che ha introdotto l’art. 155 sexies c.c. Le condizioni che impongono, o rendono superfluo, l’ascolto del minore e le regole specifiche cui attenersi per condurre tale atto sono elencate, a seguito della riforma della filiazione di cui al D. L.vo 154/2013, negli articoli 315 bis , 336 bis e 337 octies c.c.

L’ascolto è obbligatorio dopo i 12 anni, ma può essere disposto anche prima purché non contrario all’interesse del minore: precondizione generale è che il minore, infra dodicenne, sia dotato di sufficiente capacità di discernimento, intesa come capacità cognitiva e maturità, aspetto sul quale il giudice è comunque tenuto a valutare e motivare. Normalmente, a seconda dell’età, l’ascolto viene effettuato o direttamente dal giudice o tramite uno psicologo (cd ascolto indiretto). Se il giudice ritiene di non procedere all’ascolto, dovrà motivarlo nel suo provvedimento, anche perché la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno più volte richiamato i tribunali a rispettare la convenzione di Strasburgo e la convenzione di New York che, ponendo al centro delle decisioni minore, dispongono di tenere sempre conto dei suoi desideri: come è stato ripetutamente sancito dalla Suprema Corte ( Cass. SS. UU. 21.10.2009 n. 22238 4; Cass. 6.02.2014 n. 21101) le conseguenze del mancato ascolto consistono nella nullità della decisione per violazione del contraddittorio.

Le menzionate disposizioni prevedono che dall’intervista al minore si possa prescindere nei casi di “manifesta superfluità”, come ad es nei procedimenti che hanno ad oggetto questioni economiche o aspetti relazionali del tutto marginali (così Tribunale di Milano, 20.3.2014);

Con il passare degli anni si è consolidato il principio giurisprudenziale secondo il quale il Giudice, monocratico o collegiale, non è vincolato al contenuto delle dichiarazioni del minore potendo certamente discostarsene giustificando in motivazione sul punto.

In ultimo va evidenziato il difficile compito del giudice circa individuazione del reale “desiderio del minore” stante il rischio di varie forme di manipolazione genitoriale.