Vendite on line: truffa e minorata difesa

 (21/11/2016)

 Per la Corte di Cassazione (Cass. Pen.., Sez. 2, 43705/ 2016) nella truffa on line la condotta illecita dell’agente si arricchisce di un ‘elemento ulteriore “esterno”, peculiare e meramente eventuale, rispetto agli artifici e raggiri del reato di truffa semplice che è rappresentato  dalla distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l’agente si trova,ed il luogo ove si trova l’acquirente, distanza che connota l’aggravante di cui all’art. 61 cp co1, n. 5 (cd “minorata difesa”).

   Sommario: 1. Il fatto. – 2.  L’aggravante della cd “minorata difesa”. 3. Distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l’agente si trova ed il luogo ove si trova l’acquirente del prodotto on line connota l’aggravante dell’art. 61 cp.

   1.Il fatto

Il Cristea, dopo aver inserito, su noti e specializzati portali internet, diversi annunci di vendita di telefoni cellulari di varie marche o di personal computer, perfezionava la vendita on line di tali beni incassando somme di danaro che gli venivano bonificate su conti correnti o accreditate su carte prepagate, i cui numeri egli forniva ai soggetti che rispondevano all’annuncio, non provvedendo successivamente alla consegna agli acquirenti dei beni oggetto della vendita. In tale condotta, il Giudice per le indagini preliminari aveva individuato gli estremi del reato di truffa, ritenendo sussistente anche l’aggravante di cui all’art. 640, comma 2, n. 2-bis, cod.pen., contestata nella imputazione provvisoria nei seguenti termini: “per avere profittato di circostanze di luogo e di tempo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l’identità e la serietà dell’interlocutore/contraente, né l’esistenza del bene offerto“.

   2. L’aggravante della cd “minorata difesa”

    L’art. 61, comma 1, n. 5, cod.pen., stabilisce che l’aggravante della cosiddetta minorata difesa si configura allorquando l’agente abbia “approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”. Per la sua applicazione, secondo la consolidata giurisprudenza, occorre che vi siano condizioni oggettive conosciute dall’agente e di cui questi abbia volontariamente approfittato, valutazione che deve essere fatta “in concreto”, “caso per caso” e secondo una “valutazione complessiva” degli elementi disponibili (Sez. 2 n. 13933 del 07/01/2015, Nanni, rv. 263293; Sez. 1, n. 40923 del 10/07/2013, Congiusti, rv. 257248; Sez. 1, n. 13387 del 16/05/2013, Rossi, rv. 259729). Tali condizioni, secondo la norma, possono essere di “tempo, di luogo o di persona“.

   L’aggravante è considerata di natura oggettiva da quella parte della dottrina che la ritiene attinente alle modalità dell’azione e ne afferma la sussistenza indipendentemente dalla conoscenza da parte del soggetto agente delle condizioni favorevoli (Mantovani); alcuni Autori, pur condividendo la qualificazione della circostanza come oggettiva, ritengono però che l’uso del verbo approfittare presupponga, comunque, lo sfruttamento consapevole delle situazioni agevolatrici (Fiandaca, Musco). Proprio sul rilievo che approfittare implica il volontario avvantaggiarsi della condizione favorevole, altra parte della dottrina afferma la natura soggettiva della circostanza, in quanto fondata sulla volontà particolarmente riprovevole dell’autore del reato, consistente nel trarre consapevolmente vantaggio da situazioni di maggiore vulnerabilità della vittima (Vallini).

   L’aggravante è stata specificamente contestata, nel caso in esame, come circostanza di “luogo e di tempo”. Per quanto attiene ” al tempo” si deve rilevare che è ampia la giurisprudenza formatasi con riferimento ai reati commessi di notte. Mentre alcune pronunce si limitano a riconoscere rilevanza alla commissione del reato in ora notturna (C., Sez. V, 11.3.2011, n. 19615; C., Sez. V, 13.1.2011, n. 7433; C., Sez. V, 27.5.2010, n. 35616; C., Sez. IV, 8.7.2009, n. 34354), altre decisioni richiedono un più intenso obbligo motivazionale, escludendo che la commissione di un reato in tempo notturno, di per sé solo, integri automaticamente l’aggravante e richiedendo l’individuazione, da parte del giudice di merito, di specifici elementi che consentano di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa (C., Sez. II, 18.1.2011, n. 3598; C., Sez. V, 2.2.2010, n. 8819; C., Sez. II, 13.12.2005, n. 5266; C., Sez. II, 3.5.1991; A. Milano, Sez. II, 20.6.2006).

   Le circostanze di luogo sono spesso richiamate unitamente a quelle di tempo e si riferiscono, ad esempio: al carattere isolato del luogo (C., Sez. V, 13.1.2011, n. 7433; C., Sez. II, 8.7.2004, n. 44624; C., Sez. I, 9.10.1996, n. 10268; C., Sez. II, 3.5.1991); all’assenza di illuminazione (C., Sez. V, 11.3.2011, n. 19615; C., Sez. I, 9.10.1996, n. 10268); alla presenza di nascondigli per gli autori del reato (C., Sez. II, 8.7.2004, n. 44624); alla difficoltà per la vittima di sottrarsi all’azione dell’agente per il ridotto spazio a sua disposizione (C., Sez. I, 18.3.1993, n. 7249, con riferimento all’abitacolo di un’autovettura; v. però C., Sez. I, 10.7.2013, n. 40293 che ha escluso l’aggravante in relazione al reato di omicidio, in un’ipotesi in cui la vittima ed il suo aggressore si trovavano insieme all’interno di una vettura, in pieno giorno ed in assenza di prova di un preventivo blocco dei comandi d’apertura).

   In tema di “luogo”, si deve ricordare che la giurisprudenza di legittimità, chiamata a decidere quale fosse il luogo di consumazione del delitto di cui all’art. 615-ter cod.pen ha affermato che il circuito internet, per le sue particolari caratteristiche, può essere definito come  un “non luogo”: “è stato notato che nel cyberspace i criteri tradizionali per collocare le condotte umane nel tempo e nello spazio entrano in crisi, in quanto viene in considerazione una dimensione “smaterializzata” (dei dati e delle informazioni raccolti e scambiati in un contesto virtuale senza contatto diretto o intervento fisico su di essi) ed una complessiva “delocalizzazione” delle risorse e dei contenuti (situabili in una sorta di meta-territorio)” (Sez.U, n. 17325/2015). Seguendo questo ragionamento nella sentenza in oggetto ( Cass. Pen.., Sez. 2, 43705/ 2016) si afferma che ” analogamente, nella truffa ordita attraverso la vendita di prodotti on-line, è individuabile un luogo fisico del commesso reato, per l’appunto quello ove si 4 Corte di Cassazione – copia non ufficiale trovava l’agente al momento in cui egli aveva conseguito il profitto (cfr. Sez. 2, n. 7749 del 04/11/2014, Giannetto, rv. 264696). Siffatto luogo “fisico” di consumazione del delitto di truffa attraverso la vendita di prodotti on-line, possiede una caratteristica peculiare, che è quella costituita dalla distanza che esso ha rispetto al luogo ove si trova l’acquirente. Si tratta di una caratteristica oggettiva, assai simile a quella individuata dalla giurisprudenza prima richiamata, con riguardo al luogo abbandonato o isolato; che altro non vuol significare, in quel caso, che luogo “distante” da collegamenti con centri abitati, vie di comunicazione, presenze umane, tanto da indebolire la reazione pubblica o privata rispetto alla condotta illecita. Inoltre, si tratta di caratteristica oggettiva ben conosciuta dall’agente e della quale questi ha approfittato, così come richiede l’art. 61, comma 1, n.5 cod. pen.”

3. Distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l’agente si trova ed il luogo ove si trova l’acquirente del prodotto on line connota l’aggravante dell’art. 61 cp

“Poiché proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l’agente si trova ed il luogo ove si trova l’acquirente del prodotto on line – che ne abbia pagato anticipatamente il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni – è l’elemento che consente all’autore della truffa di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente; tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta comodità, se la vendita avvenisse de visu. Di ciò l’agente ha consapevolmente approfittato, utilizzando le particolari modalità costituite dall’utilizzo del sistema informatico o telematico. Sicché la rilevata distanza tra i luoghi prima individuati – cui, in una valutazione complessiva ed in concreto degli elementi disponibili, si aggiunge l’utilizzo consueto di clausole contrattuali che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto – serve a connotare l’aggravante di cui si discute. La quale arricchisce la condotta illecita dell’agente di quell’elemento ulteriore “esterno”, peculiare e meramente eventuale, rispetto agli artifici e raggiri del reato di truffa semplice; individuabili, questi ultimi, nel solo fatto che quegli finga di vendere un bene che non ha o del quale, in verità, non si vuole privare. Né varrebbe rilevare che l’acquirente, comprando un bene on-line, si sarebbe volontariamente esposto ai rischi insiti in tale tipo di transazioni. Oltre che contro tendenza rispetto alla sempre maggiore diffusività di siffatti contratti, l’osservazione sposta incongruamente la messa a fuoco della questione dalla condotta dell’agente a quella della vittima; rispetto a quest’ultima, tuttavia, deve rilevarsi, seguendo la giurisprudenza formatasi su analoghe questioni, che ai fini della sussistenza del reato di truffa, l’idoneità dell’artificio o raggiro non è esclusa dalla mancata diligenza della vittima  (Sez. 2, n. 42941 del 25/09/2014, Selmi, rv. 260476; Sez. 2, n. 34059 del 03/07/2009, Catanzaro, rv. 244948). Assunto che si attaglia al caso specifico, avuto riguardo alla segnalata, intrinseca debolezza della vittima nella precipua contrattazione truffaldina all’esame, posta in essere dall’agente anche attraverso l’utilizzo di noti siti internet specializzati in vendite on-line e fornendo agli acquirenti ogni idonea (quanto falsa) rassicurazione sulla bontà dell’affare. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame, che terrà conto dei principi enunciati. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Brescia, Sezione per il Riesame delle misure coercitive, con integrale trasmissione degli atti, per nuovo esame”.

Dottssa Eva Simola

Pubblicato da evasimola

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