Responsabilità penale del medico: art 590 sexies, co. 2 cp

L’Art. 590-sexies, 2° c., c.p. è stato introdotto dall’art. 6 della l. 8 marzo 2017, n. 24, la nota riforma “Gelli-Bianco”, e stabilisce: “Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Quest’ultima disposizione ha abrogato la precedente introdotta dall’art. 3 della l. Balduzzi, secondo cui la responsabilità del medico che si fosse attenuto a linee guida e buone pratiche avrebbe potuto essere affermata solo per colpa grave.

L’art. 590 sexies, co 2 cp prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui il medico abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa (Cass SS UU 22/02/2018 n. 8770; Cass., Sez. IV, sent. 19 ottobre 2017, n. 50078); la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia  nella fase  attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (sez.U, 21.12.2017, Mariotti e altro, Rv.272174). In sostanza dunque, le Sezioni Unite della Cassazione, individuano quale criterio idoneo per realizzare il dovuto bilanciamento tra tutela della salute e rigetto dei fenomeni di medicina difensiva, quello della valutazione del grado della colpa; criterio che, secondo gli Ermellini, non è mai stato realmente abbandonato dal legislatore, il quale lo ha anzi valorizzato e consacrato nel precedente decreto Balduzzi. L’abrogazione di quest’ultimo e la non espressa previsione di un simile parametro nella nuova legge non implica infatti assolutamente un abbandono generalizzato del medesimo, il quale è stato ormai confermato sia in via giurisprudenziale che legislativa.

Per quanto attiene alla successione delle norme nel tempo, la sezione IV della Cassazione, ha affermato che il D.L. n. 158 del 2012, art. 3 (decreto Balduzzi) è più favorevole dell’art. 590 sexies c.p., introdotto dalla legge Gelli-Bianco, in relazione alle contestazioni relative a comportamenti del sanitario, commessi prima dell’entrata in vigore di quest’ultima normativa, connotati da negligenza o imprudenza con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi erano esenti da responsabilità, quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o delle buone pratiche accreditate. “Ciò perché è incontrovertibile, sulla base del tenore testuale dell’art. 590 sexies c.p., comma 2, che quest’ultima norma sia applicabile esclusivamente ai casi di imperizia mentre, in relazione al D.L. n. 158 del 2012, art. 3, si era ritenuto, in giurisprudenza, che la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve, prevista da quest’ultima norma, pur trovando il proprio terreno d’elezione nell’ambito dell’imperizia, potesse venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell’agente fosse quello della diligenza o della prudenza. Si evidenzia, infine, sempre nel solco della pronuncia delle S.U., che anche nell’ambito della colpa da imperizia è più favorevole il decreto Balduzzi, poiché l’errore determinato da colpa lieve che sia caduto sul momento selettivo delle linee- guida, e cioè su quello della valutazione dell’appropriatezza della linea-guida, è coperto dall’esenzione di responsabilità ex art. 3, mentre non lo è più in base all’art. 590 sexies c.p..(CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE – SENTENZA 27 giugno 2019, n.28102).

Tra i vari aspetti che possono venire in rilievo nelle controversie aventi a oggetto delle ipotesi di responsabilità medica, vi sono anche quelli relativi alla competenza territoriale delle azioni di regresso proposte dalle case di cura nei confronti dei medici. La competenza a conoscere delle azioni di regresso nell’ambito dei giudizi di responsabilità medica va affermata sulla base di due criteri: il luogo di adempimento della prestazione pecuniaria alla base della domanda di regresso presso il domicilio dell’attrice; il luogo di insorgenza dell’obbligazione in regresso ai sensi degli artt. 1299, comma 1, e 2055, comma 2, del c.c., da individuare tenendo conto del fatto genetico della responsabilità. (Corte di Cassazione – VI sezione Civile – ordinanza n. 7721/2019).

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Pubblicato da evasimola

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