Processi per associazione con finalità di terrorismo anche internazionale

(06.09.16)

Il delitto di Associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o eversione dell’ordine democratico nel processo penale

   Per quanto attiene agli aspetti processuali si deve innanzitutto dire come la competenza territoriale in processi aventi a oggetto imputazioni per il delitto di cui all’art. 270 bis cp deve essere stabilita non in relazione al luogo dove sono stati commessi i reati che costituiscono la manifestazione della associazione criminosa, bensì in relazione a quello dove l’associazione sia stata formata o abbia il suo centro operativo (C., Sez. I, 5.12.1980) ed è della C. Assise. Agli stessi fini, va considerata l’autonomia, pur in presenza di evidenti contatti reciproci, delle diverse cellule operanti sul territorio nazionale, sicché la relativa valutazione deve imperniarsi esclusivamente sulla dislocazione di ciascuna di esse e, in particolare, della loro base operativa, indipendentemente dal luogo in cui si trovino i singoli membri (T. Milano, G.I.P., 24.1.2005).Quanto alla competenza funzionale, essa spetta al Giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, a norma degli artt. 328, 1° co. ter e 51 c.p.p., anche per le organizzazioni criminali caratterizzate da finalità di eversione, oggi assorbita nella finalità terroristica a norma dell’art. 270 sexies (C., Sez. II, 20.3.2009).

   La possibilità che il giudice disponga una misura cautelare è condizionata dal materiale d’indagine nel senso che la valutazione dev’essere complessiva e unitaria, attraverso l’analisi di elementi che di per se non indicativi dell’intraneità dell’indagato tuttavia rivelino, se opportunamente collegati, l’adesione dello stesso a propositi concreti e attuali di consumazione di atti di violenza a servizio del fine eversivo (C., Sez. VI, 13.10.2004). Ai fini dell’adozione di una misura cautelare, elementi di prova del delitto di cui all’art. 270 bis possono desumersi anche dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza relativi alla perpetrazione di reati strumentali alla realizzazione e alla vita dell’associazione terroristico-eversiva (C., Sez. II, 25.5.2006). La Suprema Corte ha  inoltre ritenuto non manifestamente illogica e, dunque, incensurabile in sede di legittimità la motivazione sulla base della quale il giudice di merito abbia ritenuto, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato in esame a carico di un aderente ad una cellula operativa ispirata all’ideologia e alla pratica del terrorismo religioso di matrice islamica, del quale sia risultata la volontà, espressa in un incontro con altri aderenti al suddetto organismo, di aspirare alla “guerra santa” e al “martirio” (C., Sez. II, 21.12.2004).

 Oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza è stata la questione del valore probatorio da attribuirsi all’ inserimento di persone e organizzazioni sospettate di terrorismo nelle apposite liste predisposte dalle Nazioni Unite e dall’UE allo specifico fine di contrastare il finanziamento del terrorismo mediante l’adozione delle prescritte misure di congelamento dei beni dei soggetti listati. In senso positivo si sono espressi taluni giudici (T. Brescia, G.I.P., ord., 31.1.2005, che ha dichiarato utilizzabile in sede cautelare come indizio di colpevolezza la circostanza che gli imputati o i loro gruppi di appartenenza fossero inseriti nelle liste, confermata sul punto da C., Sez. I, 21.6.2005). A tale orientamento, tuttavia, pare aver reagito altra parte della giurisprudenza (sulla inutilizzabilità in sede cautelare di fonti di intelligence o ad essa equiparabili ai fini della ricostruzione del reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale T. Milano, G.I.P., ord., 24.1.2005; nel senso, in particolare, che una associazione non è qualificabile come terroristica, neppure in sede cautelare, per la mera inclusione dell’organizzazione di cui detta cellula è diramazione, nelle liste di gruppi terroristici stilati dal Consiglio dell’Unione Europea e dal Comitato di sicurezza finanziaria del Ministero dell’economia, C., Sez. I, 11.10.2006; C., Sez. I, 15.6.2006) Infine, C., Sez. II, 9.2.2005, censurando le pronunce di merito, di segno diverso sul punto, ha ritenuto che non possa il giudice rifiutarsi di considerare come fatti notori quelli avvenuti all’estero sol perché desumibili da notizie di stampa, quando trattasi di fatti che, come quelli verificatisi in Algeria negli ultimi decenni ad opera di gruppi estremistici islamici ivi operanti, siano entrati nel patrimonio conoscitivo della generalità dei cittadini ed abbiano, per giunta, trovato conferma anche in pronunce giudiziarie ed in provvedimenti adottati da organismi internazionali (la Corte, in accoglimento di ricorso del pubblico ministero, ha conseguentemente annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale confermativa di quella del giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti appartenenti ad una cellula islamica denominata Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento, risultata collegata, anche secondo quanto emergente da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oltre che da talune sentenze di merito pronunciate da giudici italiani, con organizzazioni terroristiche operanti in Algeria e altrove).

   Con riferimento alla disposizione di cui all’art. 4 bis, L. 26.7.1975, n. 354 (ord. penit.), in materia di divieto di concessione dei benefici per talune categorie di delitti, si segnala C., Sez. I, 15.11.2011, n. 45945 che ha chiarito come l’esclusione dei benefici per i delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza opera soltanto nei casi in cui il condannato abbia posto concretamente in essere atti di violenza.

   A proposito dell’applicazione della disciplina della riparazione per ingiusta detenzione, si segnala C., Sez. IV, 22.12.2015-17.2.2016, n. 6379, secondo la quale deve essere rigettata la domanda avanzata in relazione ad un periodo di detenzione carceraria patita per il reato di associazione di terrorismo internazionale (art. 270 bis) fino alla definitiva assoluzione per non avere commesso il fatto, posto che il mostrarsi contigui agli altri componenti del gruppo associato e condividere con questi ultimi le ideologie terroristiche che ne caratterizzano l’attività in forma associata, quantomeno con modalità idonee a rafforzare l’azione delittuosa con finalità terroristiche di matrice religiosa, integra quella “colpa grave” che esclude il diritto all’indennizzo, ponendosi tale condotta in diretta relazione causale con l’intervento della autorità giudiziaria attraverso l’adozione della cautela. 

   In applicazione dell’art. 1, 3° co. bis, D.L. 18.2.2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 17.4.2015, n. 43, la condanna per i delitti previsti dal presente articolo comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando sia coinvolto un minore.

Dottssa Eva Simola

Pubblicato da evasimola

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