La capacità negoziale della Pubblica amministrazione

   Il riconoscimento generale dell’autonomia negoziale della P.A. trova la propria codificazione nel testo dell’art. 1, comma 1-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15. La codificazione della capacità negoziale della P.A. è determinata dalla consapevolezza dell’idoneità dello strumento privatistico all’attuazione dei fondamentali principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa e dal superamento dell’idea del modulo autoritativo-procedimentale quale strumento esclusivo di realizzazione dell’interesse pubblico. La legge citata sancisce quindi il definitivo superamento dell’orientamento tradizionale che considerava l’attività paritetica della P.A. come un’ipotesi derogatoria, praticabile solo in casi specifici e assolutamente tassativi, rispetto al principio generale dell’esercizio del potere autoritativo.

L’attività contrattuale dell’Amministrazione è condizionata non solo, come nel caso di ogni altro soggetto di diritto, al vaglio della meritevolezza degli interessi ex art. 1322 c.c., ma anche al vincolo della funzione istituzionale legislativamente attribuita alla Amministrazione contraente. Il potere di autonomia privata della Pubblica Amministrazione deve, infatti, sempre e comunque esplicarsi nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e di tutela del terzo, nonché dei principi normativi che governano l’azione amministrativa. Si tratta, pertanto, di una autonomia negoziale limitata e funzionale, in quanto i fini dell’agire sono sempre e necessariamente predeterminati dalla legge ed indisponibili al soggetto amministratore. Tali fini devono essere perseguiti secondo canoni di doverosità e di continuità, senza discriminazioni e senza che il ricorso al negozio giuridico possa surrettiziamente limitare il diritto di azione dei terzi a tutela degli interessi legittimi. In definitiva, l’attività di diritto privato della P.A. non può mai costituire un’espressione di un diritto di libertà, come per i privati, ma è sempre vincolata al rispetto dei fini pubblici e, dunque, funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico, in quanto volta alla cura concreta di quest’ultimo. L’Amministrazione, laddove decida di ricorrere allo strumento contrattuale, è tenuta, in attuazione dell’art. 97 Cost., ad enucleare le ragioni di pubblico interesse che la inducono a tale scelta, indicando gli elementi alla stregua dei quali ritiene che il contratto sia uno strumento nel concreto più funzionale rispetto a quello provvedimentale. In ciò si sostanzia l’ulteriore limite all’autonomia contrattuale della P.A. (art. 11 della legge n. 241/1990).

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