Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

ARTICOLO 316 TER Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

     Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sè o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. (1)

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

(1) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. l), L. 09.01.2019, n. 3 con decorrenza dal 31.01.2019.

      Esempio: L’aver ottenuto una borsa di studio dall’università presentando una falsa dichiarazione nella quale si afferma di avere i requisiti di legge e del regolamento integra il reato di cui all’art. 316 ter cp.

   Caso concreto: configura la fattispecie criminosa di cui all’art. 316-ter cod. pen., la condotta del datore di lavoro che, mediante la fittizia esposizione di somme corrisposte al lavoratore a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute all’istituto previdenziale a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni. Infatti, l’erogazione che costituisce elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 316-ter cod. pen., può consistere semplicemente nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta, e non deve necessariamente consistere nell’ottenimento di una somma di danaro.(Corte di cassazione, sez. II penale – sentenza 19 febbraio 2019, n.7594 (Cassazione penale, sez. II, sentenza 19/02/2019 n. 7594);

     Con nota 11/10/2016 prot. n. 18746, la Direzione generale per l’attività ispettiva presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è tornata a pronunciarsi con riguardo alla fattispecie illecita di cui all’art. 316-ter, commi 1 e 2, c.p. (cfr. nota prot. n. 3674 del 24/02/2016 Mlps), chiarendo che, in ossequio al più recente orientamento giurisprudenziale, considerata la natura istantanea della stessa, l’indebita fruizione di conguagli contributivi si perfeziona mensilmente e, pertanto, ai fini del corretto inquadramento dell’illecito (penale o amministrativo), si dovrà tenere conto non della somma totale indebitamente percepita nel corso di più mensilità, ma di quella mensilmente conguagliata dal trasgressore, operando in tal senso l’istituto del cd. cumulo materiale.

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     La norma in esame è stata inserita dal legislatore al fine di estendere la punibilità a condotte che difettino degli estremi della truffa aggravata ai danni dello Stato di cui all’art. 640 bis. “ La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 95 del 2004, ha affermato il carattere sussidiario e residuale dell’art. 316 ter, rispetto all’art. 640 bis c.p., precisando che, alla luce del dato normativo e della ratio legis, l’art. 316 ter, assicura una tutela aggiuntiva e “complementare” rispetto a quella offerta agli stessi interessi dall’art. 640 bis, coprendo in specie gli eventuali margini di scostamento – per difetto – del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode. Ha quindi rinviato all’ordinario compito interpretativo del giudice l’accertamento, in concreto, se una determinata condotta formalmente rispondente alla fattispecie dell’art. 316 ter, integri anche la figura descritta dall’art. 640 bis, dovendosi, in tal caso, fare applicazione solo di quest’ultima.

Le Sezioni Unite, dal canto loro, sono intervenute con due importanti sentenze. Con una prima sentenza del 2007 (Sez. U., n. 16568 del 19/04/2007 Rv. 235962), tracciando i confini tra la fattispecie criminosa di cui all’art. 316 ter, e quella di cui all’art. 640 bis c.p., hanno sottolineato – in linea con la menzionata ordinanza della Corte costituzionale – che l’introduzione nel codice penale dell’art. 316 ter, ha risposto all’intento di estendere la punibilità a condotte “decettive” (in danno di enti pubblici o comunitari) non incluse nell’ambito operativo della fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; dopodiché, fermi i limiti tradizionali della fattispecie di truffa, vanno inquadrate nella fattispecie di cui all’art. 316 ter, le condotte alle quali non consegua un’induzione in errore o un danno per l’ente erogatore, con la conseguente compressione dell’art. 316 ter a situazioni del tutto marginali, “come quello del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale”. Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, hanno perciò affermato il principio secondo cui “vanno ricondotte alla fattispecie di cui all’art. 316 ter – e non a quella di truffa – le condotte alle quali non consegua un’induzione in errore per l’ente erogatore, dovendosi tenere conto, al riguardo, sia delle modalità del procedimento di volta in volta in rilievo ai fini della specifica erogazione, sia delle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto”. Con una più recente sentenza del 2010 (Sez. un., n. 7537 del 16/12/2010 Ud. – dep. 25/02/2011 – Rv. 249104), le Sezioni Unite sono poi tornate sul tema e, proseguendo sulla strada tracciata dalla propria precedente sentenza, hanno affermato il principio secondo il quale “L’art. 316 ter c.p., punisce condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate (oltre che dal silenzio antidoveroso) da false dichiarazioni o dall’uso di atti o documenti falsi, ma nelle quali l’erogazione non discende da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’ente pubblico erogatore, che non viene indotto in errore perché in realtà si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale attestazione del richiedente” (Cass pen n. 4404/2016). Conformente a questo indirizzo la seconda sezione penale della cassazione nel 2017 ha affermato che il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter cod. pen.) differisce da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.) per la mancanza, nel primo reato, dell’elemento dell’induzione in errore attraverso la messa in atto di artifici e raggiri. (In applicazione di questo principio la S.C. ha configurato il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. anzichè quello di truffa, in una fattispecie in cui all’imputato era contestata solamente la mancata comunicazione all’I.N.P.S. del proprio trasferimento all’estero, fatto implicante la perdita del diritto all’assegno sociale).(Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 47064 del 13 ottobre 2017).

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