Il nesso causale (art. 40, c. 1 cp)

     Ai sensi dell‘articolo 40, comma primo, l’evento dannoso o pericoloso, dal quale dipende l’esistenza del reato, deve essere conseguenza dell’azione del reo. Il nesso causale (o rapporto di causalità) tra condotte e l’evento è facilmente spiegabile dal punto di vista naturalistico: esso indica l’insieme delle condizioni empiriche antecedenti, contigue nello spazio e nel tempo, dalle quali dipende il verificarsi dell’evento secondo una uniformità regolare. Più difficile, invece, è spiegare come tale al relazione possa essere penalmente rilevante e quando un determinato soggetto possa essere considerato autore dell’evento.

   In base alla teoria della condicio sine qua non l’interprete deve effettuare un lavoro di eliminazione mentale alla strega  del quale un’azione è condizione senza la quale non si sarebbe verificato un evento se, non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento stesso avvenga. Ad esempio Tizio spara al cuore di Caio uccidendolo: è facile dimostrare che eliminando il colpo di pistola all’evento morte non si sarebbe verificato. Vi sono tuttavia casi in cui applicando questa formula non si ricava alcun risultato perché mancano le indispensabili conoscenze che fanno da presupposto al procedimento di eliminazione mentale: l’esempio classico è quello del rapporto tra farmaci e la gestazione. Il talidomide provoca delle malformazioni fetali ma non è chiaro quale sia il meccanismo di produzione del fenomeno pertanto non si può affermare che sia la causa della malformazione.

    Per questi motivi sono state elaborate in dottrina altre teorie sul nesso di causalità. In base alla teoria della causalità adeguata, causa dell’evento è solo quella condizione che, secondo la comune esperienza, e più idonea a produrlo. Questa teoria presenta però il punto debole di far riferimento a dati poco empirici, come quello della comune esperienza e dello sviluppo normale della vicenda. La teoria della causalità umana invece si basa sul presupposto che esiste una sfera d’azione che l’uomo può dominare grazie ai sui poteri conoscitivi, evolutivi e pertanto i soli risultati che  rientrano in questa sfera possono essere causati dall’uomo che li ha voluti  e che quindi poteva anche essere in grado di impedirli.

      Attualmente la  teoria più accreditata e seguita dalla giurisprudenza è quella che fa ricorso alle leggi valide scientifiche, queste che spiegano la relazione tra gli accadimenti e che si distinguono in leggi universali  e statistiche. Con il termine di leggi universali si intendono quelle in grado di affermare che la verificazione di un evento è inevitabilmente accompagnata dalla verificazione di un altro evento: e se soddisfano in pieno alle esigenze di rigore scientifico di certezza fondandosi su un rapporto di irregolarità fra fenomeni che difficilmente viene smentito da eccezioni. Con il termine di leggi statistiche si indicano quelle che trovano applicazione in un numero sufficientemente alto di casi e che ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili. In base a questa teoria per stabilire se un antecedente possa considerarsi causa di un evento successivo è necessario verificare se rientra nell’insieme di quegli accadimenti che sulla base di una successione regolare conforma ad una legge scientifica cosiddetta di copertura portano ad eventi del tipo di quelli che si è verificato. Tale legge individuata non in base all’esperienza del singolo agente ma riferendosi alla migliore scienza ed esperienza di quel particolare momento storico e di quella data materia serve quindi a stabilire se con un alto grado di probabilità il verificarsi dell’evento è conseguente di una determinata condotta.

    Si segnala che con riguardo all’accertamento del nesso di causalità, la sentenza Franzese pone il modello “inferenziale induttivo”, con cui l’operatore deve partire dal caso concreto per arrivare alla legge. Cosa ben diversa era il modello “nomologico deduttivo”, con cui si traevano deduzioni da una legge astratta principale oggetto di ricognizione. Dunque, la Corte di Cassazione evidenzia la necessità di operare un giudizio controfattuale caratterizzato da «elevata probabilità logica» o «alto grado di credibilità razionale».

« Tutto ciò significa che il giudice, pur dovendo accertare ex post, inferendo dalle suddette generalizzazioni causali e sulla base dell’intera evidenza probatoria disponibile, che la condotta dell’agente “è” (non “può essere”) condizione necessaria del singolo evento lesivo, è impegnato nell’operazione ermeneutica alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, conducenti conclusivamente, all’esito del ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo, ad un giudizio di responsabilità caratterizzato da “alto grado di credibilità razionale” o “conferma” dell’ipotesi formulata sullo specifico fatto da provare: giudizio enunciato dalla giurisprudenza anche in termini di “elevata probabilità logica” o “probabilità prossima alla – confinante con la – certezza” » (Cass. Sez. Unite 11.7.2002, Franzese) . Ne consegue che il livello di probabilità statistica dovrà essere sempre oggetto di specifica valutazione in riferimento alle circostanze del singolo caso concreto, sulla base delle risultanze probatorie, “non essendo consentito dedurre automaticamente – e proporzionalmente – dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge la conferma dell’ipotesi sull’esistenza del rapporto di causalità”. La Corte, poi, riconosce l’esistenza del nesso causale pur in presenza di coefficienti medio-bassi di probabilità c.d. frequentista, “se corroborati dal positivo riscontro probatorio …circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa”.
Il procedimento logico effettuato dal giudice, quindi, sarà simile al ragionamento inferenziale della prova indiziaria ex art. 192, 2° comma, c.p.p.
Sotto il profilo della condotta omissiva, in particolare, la “Franzese” specifica che l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza probatoria del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il dubbio plausibile e ragionevole,in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva deve comportare l’esito assolutorio del giudizio. A tal riguardo, il punto fondamentale della sentenza consiste nel concetto di “probabilità logica” o di “credibilità razionale”.

Ricapitolando, il punto di partenza dell’indagine sul nesso causale sarà la legge di copertura, se esistente,  dovrà essere verificata sia nella sua attendibilità e fondatezza, sia nella sua specifica applicabilità alla fattispecie concreta; si dovrà, quindi, valutare il grado di conferma empirica di tale legge e il consenso di cui goda nella comunità scientifica.

Sentenze recenti:

Cassazione Penale, Sez. IV, Sent. 15 aprile 2020 (Ud. 30 gennaio 2020), n. 12151
Presidente Di Salvo, Relatore Nardin

Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione torna a pronunciarsi sul tema del nesso causale per fatti di omicidio colposo derivanti da esposizione di lavoratori ad amianto, deceduti per effetto di mesotelioma pleurico.

Pubblicato da evasimola

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