I diritti inviolabili e l’uguaglianza nella Costituzione

  L’articolo 2 della costituzione stabilisce il cosiddetto principio personalista in virtù del quale i diritti dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la sua personalità, sono inviolabili. Da tale disposizione discende, per lo Stato, non solo un obbligo in negativo (quello cioè di non violare tali diritti) ma anche un obbligo impositivo (ossia quello di sostenerle di proteggerle). Lo stesso articolo due, per altro, oltre a garantire i diritti esige anche l’adempimento dei doveri inderogabili. Tali doveri sono innanzitutto quelli di solidarietà politica, economica e sociale (cosiddetto principio solidaristica). L’altro canone fondamentale che la costituzione impone alle istituzioni, ed anzitutto al legislatore, è il principio di uguaglianza, posto  dall’articolo 3 che sancisce la cosiddetta uguaglianza formale per cui tutti cittadini hanno pari dignità sociale sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso di razza di lingua di religione di opinione politica di condizioni personali e sociali. In virtù di questo articolo le differenze di trattamento devono essere giustificate dalla diversità delle situazioni interessate a quel tipo di trattamento. Questo criterio è stato elaborato dalla Corte Costituzionale in termini di irragionevolezza delle distinzioni: nel considerare i vari aspetti della vita sociale il legislatore deve cioè tener conto solo delle differenze per cui una disciplina differenziata risulti ragionevole, giustificabile o addirittura necessaria.

Nell’ottica di affrontare una uguaglianza sostanziale il secondo comma dell’articolo 3 Cost. stabilisce che è compito della Repubblica realizzare gli interventi necessari per evitare che tali differenze rappresentino di fatto un limite per la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Sotto questo aspetto l’articolo tre si ricollega direttamente ai principi dell’articolo due come emerge dalla scelta delle espressioni utilizzate: pieno sviluppo della persona e effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Il secondo comma dell’articolo tre dunque consente e talora impone alla Repubblica di adottare misure che apparentemente introducono discriminazioni ma nella realtà hanno la funzione di rimuoverle. Di particolare rilievo sono ad esempio le norme introdotte mediante revisioni costituzionali relativamente recenti come l’articolo 51 primo comma ove, dopo la disposizione per cui tutti cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge, si è aggiunta la previsione per cui a tale fine la Repubblica promuove, con appositi provvedimenti, le pari opportunità tra donne uomini e dell’articolo 117 comma sette per il quale le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale culturale d’economica e promuovono la parità di accesso tra donne uomini alle cariche elettive.

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Pubblicato da evasimola

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