I criteri Engel

Cosa sono i criteri Engel?

    Per rispondere a questa domanda è necessario porsene un’altra: in quali condizioni si applica il principio del ne bis in idem (1) quando le normative di taluni Stati consentono di cumulare le sanzioni amministrative con quelle penali? (es.: l’abuso di mercato prevede un doppio sistema sanzionatorio in quanto all’ art. 185 TUF dispone una sanzione penale mentre l’art. 187 ter una sanzione amministrativa pertanto ci si chiede: l’autore della manipolazione può essere punito con entrambe le sanzioni?).

   La Corte di Strasburgo ha più volte evidenziato come esistono degli illeciti non formalmente qualificati come penali nell’ordinamento interno che però, di fatto, per il loro contenuto e la loro sanzione lo sono e pertanto necessitano delle tutele previste dall’art. 6 e 7 della CEDU.

    Al fine di verificare se un procedimento ha ad oggetto “accuse in materia penale”, ai sensi dell’art. 6 CEDU, si devono considerare tre diversi fattori (i cd criteri Engel, estrapolati dalla pronuncia della Corte EDU, Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976. Disponibile a www.hudoc.echr.coe.int), che sono:

1) qualificazione dell’illecito nel diritto interno;

2) ulteriori criteri (esempio struttura, condotta eccetera);

3) gravità delle sanzioni (quantità, modalità di esecuzione, scopi ecc).

Questi criteri sono alternativi o cumulativi? Affinché si possa parlare di «accusa in materia penale», è sufficiente che il reato in causa sia di natura «penale» rispetto alla Convenzione, o abbia esposto l’interessato a una sanzione che, per natura e livello di gravità, rientri in linea generale nell’ambito della «materia penale». Ciò non impedisce di adottare un approccio cumulativo se l’analisi separata di ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione chiara in merito alla sussistenza di una «accusa in materia penale» (Corte eur. dir. uomo, sez. II, 4 marzo 2014, casi nn. 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10, Grande Stevens and Others v. Italy).

    Orbene la Corte EDU, con sentenza 15 novembre 2016, ha ritenuto possibile che gli Stati scelgano, a fronte di comportamenti socialmente inaccettabili, un sistema sanzionatorio integrato che preveda tanto sanzioni penali che amministrative. La possibilità di un cumulo tra sanzioni amministrative, sostanzialmente penali (in base all’applicazione dei criteri Engel) e sanzioni penali, a precise condizioni, tassativamente fissate è quindi possibile (sentenza C-537/16). Anche la Cassazione si è conformata a questo indirizzo: tra le ultime pronunce, in particolare: Cass. Civ., n. 27654/2018; Cass. Pen., n. 45829/2018 e Cass. Pen., n. 49869/2018. La Cassazione ha, pertanto, ritenuto che il principio del bis in idem opera sulla base di un apprezzamento del giudice nazionale, circa il nesso che lega il procedimento penale e quello amministrativo, e che il criterio per affermare o negare il legame tra detti procedimenti è quello relativo all’entità della sanzione complessivamente irrogata ed alla sua proporzionalità rispetto ai fatti che intende punire.

    In sostanza, nell’esempio citato di manipolazione di mercato, il cumulo sanzionatorio non viola il principio di ne bis in idem, e deve considerarsi compatibile con l’art. 50 CDFUE (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che recita «nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge») ma occorre valutare se le sanzioni oggetto del cumulo siano, rispetto alla fattispecie concreta, proporzionate alla gravità del fatto commesso e solo in caso di sproporzione potrà discutersi della necessità di prosciogliersi l’imputato per bis in idem, nei casi limite, ovvero di rimodulare la risposta sanzionatoria (Corte Cass penale n. 45829/18). Va rilevato che, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 107/2018, il necessario coordinamento sanzionatorio può ritenersi, definitivamente ed espressamente, realizzato nell’ambito del doppio binario sanzionatorio ivi in considerazione.

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(1) ne bis in idem è una locuzione latina che tradotta alla lettera significa “non due volte per la stessa cosa”. Si tratta di un brocardo che esprime un principio del diritto in forza del quale un giudice non si può esprimere due volte sulla stessa azione, se si è formata la cosa giudicata (cioè in presenza di provvedimento giurisdizionale divenuto ormai irrevocabile, ossia non più assoggettabile ai mezzi di impugnazione ordinari, o perché siano già decorsi i termini per impugnare o perché siano già stati esperiti tutti i mezzi d’impugnazione previsti).

Pubblicato da evasimola

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