Cedu e ordinamento nazionale: parte II

  1. La tesi della “comunitarizzazione” della CEDU è la smentita della corte Cost. 11 marzo 2011 n. 80

   Secondo una differente ricostruzione, accolta in taluni arresti della giurisprudenza amministrativa, il tema dei rapporti tra l’ordinamento interno e CEDU, è stato ridisegnato in conseguenza dell’entrata in vigore il 1 dicembre 2009 del trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’unione europea e il trattato che istituisce la comunità europea

In sintesi il trattato di Lisbona ha apportato ampie modifiche:

  • al trattato sull’unione europea (TUE) o trattato di Maastricht entrato in vigore il 1 novembre 1993;
  • al trattato che istituisce la comunità europea ha firmato a Roma il 25 marzo 1957;
  • ed ha incisivamente modificato l’articolo 6 del trattato sull’unione europea rafforzando la protezione dei diritti fondamentali.

La principale novità correlata all’entrata in vigore del trattato di Lisbona è l’adesione dell’Unione alla CEDU.

Art. 6 TUE

  1. L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
  2. L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.
  3. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.

    Ebbene secondo alcuni arresti dei giudici amministrativi (Cons St. sez IV, 2 marzo 2010 n. 1220 e TAR Lazio, 18 maggio 2010 n. 11984) il riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto dell’unione europea sarebbe suscettibile di produrre dirette conseguenze nel nostro ordinamento rendendo le norme della convenzione immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’unione, alla stregua del diritto comunitario ai sensi dell’articolo 11 costituzione. Pertanto il giudice nazionale sarebbe tenuto a disapplicare anche la norma interna confliggente con i diritti fondamentali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo delle libertà fondamentali.

  Questo significa che per la tesi della intervenuta “comunitarizzazione” della CEDU, con la riformulazione dell’art. 6 CEDU operata dal trattato di Lisbona, le norme CEDU avrebbero assunto lo stesso rango delle norme unionali.

   Questa tesi oltre a non avere l’adesione della giurisprudenza dominante non ha convinto la dottrina maggioritaria in quanto l’UE non ha ancora aderito alla CEDU: più precisamente il trattato di Lisbona ha “comunitarizzato” la carta dei diritti fondamentali dell’unione europea (cd carta di Nizza) che ha acquisito “lo stesso valore giuridico dei trattati” mentre ha solo consentito la futura adesione dell’unione alla convenzione. Ne consegue che il giudice nazionale è tenuto a non applicare la disposizione interna contrastante con la CDFUE, e può viceversa solo sollevare questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’articolo 117 Cost. allorché ravvisi un conflitto della disciplina interna con la CEDU (corte cost. 21 marzo 2019 n. 63; corte cost 11 marzo 2011 n. 80; Corte giust. UE grande sezione 24 aprile 2012 c-571/10, Servet Kaberaj).

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Pubblicato da evasimola

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