Causalità psichica nelle azioni collettive

Cass. I Sez. 22 febbraio 2022, n. 6237
    LA MASSIMA
   “Nelle azioni collettive la compartecipazione a singole fasi di una condotta complessa – anche se fasi preparatorie – accresce le possibilità di verificazione dell’evento e, soprattutto, rafforza nei co-esecutori la volontà collettiva di pervenire nel modo più agevole possibile al risultato, ponendosi come ingrediente idoneo ad essere qualificato in termini di ‘componente’ di una più ampia «causalità psichica» intesa come reciproco condizionamento volitivo tra più soggetti agenti, teso a stabilizzare e rafforzare un proposito criminoso”.
    IL CASO
   Gli imputati,  sono stati condannati perché in concorso tra loro, “esplodevano colpi di arma da fuoco e cagionavano la morte delle persone offese” (omicidio pluriaggravato, ex art. 577 n. 3 e 4 c.p). provvedendo poi all’occultamento dei cadaveri sotterrandoli in una fossa precedentemente scavata. Fatto aggravato dall’aver agito con premeditazione e per motivi abietti, poiché il delitto era scaturito da ragioni di epurazione interna ad un clan camorristico, nonché per il consolidamento del prestigio e del predominio della predetta consorteria sul territorio.
    La Corte di appello, in particolare, sottolinea come la mera presenza di alcuni imputati sul luogo del delitto abbia di fatto rafforzato l’intento criminoso di tutto il gruppo, consapevole della messa a disposizione, in caso di bisogno, di ulteriori energie per portare a termine l’azione, escludendo così la tesi difensiva di  mera connivenza non punibile.
     Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’errata attribuzione ad alcuni ricorrenti, presenti in maniera inerte sulla scena del crimine, della qualifica di compartecipe rispetto alla condotta materiale dei correi, in relazione a tutti i capi di imputazione.
    L’ INQUADRAMENTO DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

   Per comprendere la soluzione fornita dalla Cassazione si rende pertanto necessario capire la linea di demarcazione tra concorso di persone nel reato, favoreggiamento e connivenza.

    L’istituto del concorso di persone nel reato trova fondamento normativo nell’art. 110 c.p. il quale prevede espressamente che: “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”.

   La norma disciplina quello che è noto come concorso eventuale nel reato monosoggettivo: per effetto dell’art 110 cp si rendono tipiche, e conseguentemente passibili di pena, tutte quelle condotte che nella parte speciale sono imputate ad una persona (ad es. la norma sul’omicidio punisce ” chi cagiona la morte di un uomo” il “chi” indica una singola  persona pertanto se sono più persone ad uccidere entra in gioco l’art 110 cp).

    L’articolo 110 c.p. quindi combinato con le norme di parte speciale, dà vita ad una nuova ed autonoma fattispecie incriminatrice che si caratterizza per la presenza di più persone autori del reato. Ne consegue che, la previsione ivi contenuta svolge la funzione di ampliamento dell’area del tipicamente rilevante rendendo punibili tutte quelle condotte concorsuali che, in difetto della previsione ora richiamata, altrimenti non lo sarebbero in quanto sprovviste del requisito della tipicità.

   Affinché, tuttavia, la fattispecie del concorso di persone nel reato possa configurarsi devono sussistere una serie di requisiti imprescindibili tra i quali si annovera:

  • L’apporto partecipativo di più persone, senza, peraltro, che ai fini dell’integrazione della fattispecie, sia necessario che le stesse sia tutte punibili o imputabili;
  • La realizzazione di un fatto tipico di reato e, dunque, l’integrazione, anche in forma tentata di una delle fattispecie di cui alla parte speciale del codice ( es. omicidio),
  • L’elemento soggettivo;
  • Un contributo obbiettivamente rilevante rispetto alla commissione del fatto di reato.

IL CONTRIBUTO MINIMO RILEVANTE CONCORRERE NEL REATO

La tesi maggioritaria che meglio si adegua ai principi di tipicità, tassatività e di colpevolezza è la teoria della prognosi postuma in ossequio alla quale rilevano ai fini di una responsabilità ex art 110 c.p. le condotte che si appalesano, in una logica ex ante come idonee a facilitare la realizzazione del reato, aumentando la possibilità di verificazione, anche se, ex post, si rivelano inutili o, anche, dannose.

    In adesione a tale ricostruzione, dunque, due sono le tipologie di condotta mediante le quali è possibile prendere effettivamente parte alla realizzazione collettiva del reato:

  • un contributo necessario, materiale o morale, rispetto alla realizzazione del reato per cui l’apporto partecipativo del compartecipe si appalesa quale condicio sine qua non del reato stesso ( es, Tizio spara mirando al cuore della vittima);
  • un contributo agevolatore, morale o materiale, rispetto alla realizzazione della fattispecie monosoggettiva per cui, il reato si sarebbe comunque verificato per effetto della condotta dell’autore ma, la partecipazione del correo ne ha facilitato e/o agevolato la verificazione.

La natura dell’apporto partecipativo concretamente dato così come la fase dell’iter criminis in cui l’apporto si inserisce rilevano ai fini della distinzione tra concorso, favoreggiamento e connivenza.

       L’istituto del favoreggiamento trova disciplina agli artt. 378 e 379 c.p. relativi, rispettivamente, alle ipotesi di favoreggiamento personale e reale. Limitandosi alla fattispecie di cui all’art 378 c.p. la stessa incrimina le condotte consistenti nell’“aiutare taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche di questa.

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa è necessario:

  1. la preesistenza di un reato, da intendersi quale condotta riconducibile ad un’ipotesi oggettiva di reato;
  2. l’assenza di concorso, ossia che il favoreggiatore non abbia in alcun modo partecipato alla realizzazione del reato presupposto.

Due sono gli elementi che consentono di tracciare la linea di demarcazione tra gli istituti del concorso di persone nel reato e il favoreggiamento personale.

      1) Il primo elemento viene enunciato direttamente dal testo dell’art. 378 c.p. allorquando utilizza l’espressione “dopo che fu commesso un delitto” si tratta, dunque, di un limite temporale:  qualsiasi condotta volta a conferire un apporto al reato prima del momento consumativo si considera come concorso, invece, le condotte succedanee rispetto a tale momento possono rilevare quali ipotesi di favoreggiamento personale.

    2) L’altro elemento discretivo attiene al profilo psicologico per cui, è opportuno indagare se l’agente abbia inteso partecipare positivamente all’azione già posta in essere da altri o solo aiutare il responsabile del reato ad eludere le attività investigative.

   LA CONNIVENZA NON PUNIBILE

     Secondo il consolidato orientamento degli Ermellini, in tema di concorso di persone, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto, va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa.

    LA QUESTIONE AFFRONTATA DALLA CASSAZIONE
    La Corte di Cassazione è stata chiamata  a pronunciarsi in merito alla tesi della “causalità psichica”, sposata dalla Corte d’Appello, circa il preteso effetto rafforzativo del proposito criminoso, derivante dalla presenza di uno degli imputati e dalla mostrata disponibilità ad occuparsi dell’occultamento dei corpi.
     LA SOLUZIONE
   Per la Corte di Cassazione è evidente che il maggior numero di soggetti coinvolti in un progetto esecutivo comune è di per sé fattore di reciproco rafforzamento della volontà collettiva, anche per quanto attiene alla effettiva assunzione e ripartizione dei rischi. L’azione collettiva è infatti caratterizzata sia da una convergenza di attività materiali sia da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico La compartecipazione si pone dunque come una forma di rafforzamento anche soltanto psichico, penalmente rilevante ai sensi dell’ art. 110 c.p.
    D’altronde è costante l’insegnamento per cui nelle azioni collettive a consumazione prolungata il mero abbandono o l’interruzione dell’azione criminosa da parte di uno dei compartecipi non è ritenuto sufficiente ad integrare la desistenza: in tali circostanze occorre difatti un “quid pluris”, consistente nell’annullamento del contributo dato alla realizzazione collettiva dell’illecito.
      Quest’ultimo, per essere punibile ai sensi dell’art.110 c.p., deve costituire una espressione di condivisione rispetto all’evento preso di mira e deve risultare idoneo ad agevolare, in sede progettuale o esecutiva, l’azione collettiva.
   Alla luce di quanto su esposto, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i predetti motivi di ricorso, poiché dagli atti era emersa la condotta concorsuale dei ricorrenti, sia sotto il profilo materiale che psichico.
(IMMAGINE WEB)

Pubblicato da evasimola

Il blog è diretto dalla dottoressa Eva Simola presidente dell'Associazione "Legalità Sardegna" [email protected] codice fiscale 91027470920 Cellulare +393772787190