Banca e risparmio: il controverso e dibattuto bail-in

   Alcuni di voi avranno sicuramente letto dello “scandalo della banca romana“, uno dei sei istituti che all’epoca, siamo nel XIX sec, erano abilitati ad emettere moneta circolante in Italia. Fu un caso politico-finanziario che vide coinvolti alcuni settori della Sinistra storica, accusati di collusione negli affari illeciti della Banca Romana,  e del suo presidente Bernardo Tanlongo. Una storia di altri tempi ma non in senso assoluto giacché la crisi finanziaria del 2008 ha condotto ad interrogarsi sulla stabilità delle banche italiane.

   Gli economisti affermano che il sistema finanziario globale è finito al collasso per colpa dell’eccessivo impiego di strumenti complessi e speculativi (come i derivati) nonché per l’elevato volume di crediti concessi dalla banche anche a chi non sarebbe stato in grado di rimborsarli in futuro (I famigerati mutui subprime o mutui ninja (no income no jobs) erano infatti concessi per l’acquisto della casa anche a famiglie senza redditi (income) e senza lavoro (jobs)).  Questo crack finanziario ha lasciato relativamente indenni le banche italiane, tradizionalmente meno speculative, fino a quando la crisi si è trasferita ai debiti pubblici: tra il 2010 e il 2012 il mercato ha iniziato a temere che l’Italia non fosse più capace di rimborsare il suo debito pubblico. Questa crisi di sfiducia ha finito col travolgere anche chi, di questo immenso debito, è il principale acquirente: le banche italiane appunto.

  La consapevolezza del possibile verificarsi di una crisi bancaria ha fatto sì che venissero predisposti strumenti e procedure sempre più mirate il cui scopo è far fronte ai possibili ed eventuali crolli. I passi per attivare un’operazione di salvataggio della banca prendono il nome di “burden sharing” e “bail- in”.

    Il burden sharing (condivisione degli oneri) è una procedura disciplinata dall’articolo 132 della Direttiva UE/2014/59 Bank Recovery and Resolution Directive ( fedelmente e sin testualmente trasposta dal D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180), da applicarsi in caso di dissesto di un istituto bancario. La normativa, in vigore fino alla fine del 2015, stabiliva che qualsiasi aiuto pubblico a una banca dovesse innanzitutto essere esaminato ed approvato dalla Commissione Europea, ma soprattutto essere erogato solamente in seguito alla riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni subordinate, o la conversione in capitale di queste ultime. In questo modo gli azionisti e creditori subordinati dovevano sopportare parte degli oneri per il risanamento della banca in crisi mediante la svalutazione del valore nominale dei loro crediti o la loro conversione in capitale, prima che venissero coinvolti fondi pubblici nel salvataggio della banca o nella sua liquidazione coatta amministrativa. Gli aiuti di Stato, contemplati dalla normativa, dovevano essere limitati al minimo necessario e subordinati ad una adeguata condivisione degli oneri da parte degli investitori.

   Dal 1 Gennaio 2016 è invece entrato in vigore il bail-in: a differenza del burden sharing, che tocca solamente azionisti ed obbligazionisti subordinati, il bail-in (introdotto dalla Banking directive) prevede, prima del coinvolgimento del Fondo di Risoluzione (o più in generale dei fondi pubblici), la riduzione del valore nominale non solo delle azioni e delle obbligazioni subordinate, ma anche dei titoli di debito più senior, quali le obbligazioni ordinarie e i depositi di importo superiore ai 100.000 euro. Nel dettaglio il bail-in programma il rispetto della gerarchia concorsuale di conseguenza, viene applicato prima alle azioni, poi agli altri titoli di capitale e ai debiti subordinati, quindi ai debiti chirografari, incluse le obbligazioni ordinarie emesse dalla banca in crisi. I depositi di valore pari o inferiore a 100.000 euro sono sempre esclusi dal bail-in e sono coperti dai sistemi di garanzia dei depositi; i depositi di importo superiore possono essere interessati dal bail-in solo per la porzione eccedente la soglia di 100.000 euro e, se detenuti da persone fisiche e piccole o medie imprese, solo se tutte le altre passività assoggettabili a bail-in non sono sufficienti, mentre se detenuti da altre controparti sono considerati debiti chirografari e, quindi, si collocano allo stesso livello gerarchico delle obbligazioni ordinarie. Tuttavia, dal 1° gennaio 2019, anche questi ultimi depositi eccedenti la soglia di 100.000 euro beneficeranno di un trattamento preferenziale e potranno subire l’applicazione del bail-in solo dopo le obbligazioni ordinarie e gli altri debiti chirografari (ma, in ogni caso, prima dei depositi di persone fisiche e piccole e medie imprese eccedenti i 100.000 euro).

    In estrema sintesi il bail in può essere definito come il divieto di salvataggi bancari con fondi pubblici: gli Stati non sono obbligati a dare immediatamente seguito al bail in per affrontare una crisi bancaria ed è prevista la convivenza con il burden sharing, specie qualora si parli di banche solventi ma bocciate dagli stress test oppure di banche sistemiche. Per i soggetti insolventi, invece, si applica esclusivamente il bail in.  Occorrerà valutare la compatibilità della manovra varata dal Governo e approvata dal Parlamento e cioè il D.L. 23 dicembre 2016, n. 237, Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio, con gli impegni derivanti dal Trattato.

   Da quanto detto il bail-in sembra essere un allargamento di chi è chiamato, in modo consapevole, a “condividere il fardello” (burden sharing) sul presupposto che se ti affidi alla gestione di una banca piuttosto che ad un’altra evidentemente ne condividi il modus operandi e la strategia. Il problema, che appare palese, è che la “fiducia” che ciascuno ripone nella propria banca non sempre equivale alla conoscenza delle leggi economiche ne tanto meno del funzionamento del mercato.

   In conclusione se molti sognano di essere George Soros di fatto chi ne ha le capacità speculative sono pochi sopratutto in un sistema evoluto come quello attuale, per cui sulla “fiducia” deve prevalere la “prudenza”.

dottssa Eva Simola

Pubblicato da evasimola

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